La presente guida focalizza l’attenzione sul patrimonio naturalistico e storico-culturale della costa pugliese lunga circa 800 km, proponendo degli itinerari che prendono come punto di riferimento per l’esplorazione il mare protetto di Puglia, ossia le Aree Marine Protette delle Isole Tremiti, ricadenti nel Parco Nazionale del Gargano, di Torre Guaceto e di Porto Cesareo. Partendo da queste aree di eccellenza ci si sposta verso interessanti tratti di costa limitrofi e aree rurali contermini per approfondirne la conoscenza naturalistica e storico-archeologica. In particolare gli itinerari costieri sono stati ripartititi in tre grandi macro-aree: • la costa del Gargano con l’itinerario garganico che illustra la costa dell’alto Adriatico, e fa riferimento all’AMP delle Isole Tremiti; • la costa medio-adriatica del Salento con l’itinerario adriatico che va da Monopoli a Brindisi, e fa capo all’AMP di Torre Guaceto; • la costa ionica del Salento con l’itinerario jonico che da Gallipoli arriva fino a Taranto ed ha come riferimento l’AMP di Porto Cesareo.
La Puglia, con i suoi 800 km di litorale vanta lo sviluppo costiero più lungo d’Italia, regala paesaggi mozzafiato e conserva numerosi ambienti di grande valore naturalistico di rilievo nazionale ed internazionale. La costa è molto diversificata, sono presenti zone umide, alte falesie rocciose, lunghe spiagge sabbiose accompagnate da cordoni dunari coperti da pinete e boschi a ginepro, basse scogliere, interrotte da intime calette sabbiose. Alcune aree costiere negli ultimi anni sono state oggetto di misure di tutela nel rispetto delle norme dettate dall’Unione europea e di convenzioni internazionali, al fine tutelare l’elevato livello di biodiversità che le stesse racchiudono e nello stesso tempo i tratti più identitari della regione. Si può constatare come la Puglia, pur avendo una superficie molto piccola ed un’alta densità abitativa, mostri un’elevata biodiversità rispetto alle altre aree di riferimento. Rispetto al valore nazionale, in Puglia troviamo il 43% degli habitat individuati dalla Direttiva Habitat, il 65% degli uccelli nidificanti, il 44% dei mammiferi, dati che evidenziano l’enorme ricchezza della Puglia e la necessità di adottare misure concrete per conservare questo patrimonio. Questa importanza ecologica è confermata da un sistema delle aree protette che, secondo diversi livelli normativi, protegge circa il 13% del territorio regionale. Il sistema regionale delle aree protette è formato da un mosaico complesso di aree con diversi livelli di protezione. Sono presenti 2 Parchi Nazionali (il Parco Nazionale del Gargano e il Parco Nazionale dell’Alta Murgia), 3 Aree Marine Protette (Torre Guaceto, Isole Tremiti e Porto Cesareo), 16 Riserve Naturali dello Stato, oltre a un sistema di 18 aree protette regionali.
Itinerario
Garganico |
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Dal punto di vista naturalistico il Gargano (lo Sperone
d’Italia), promontorio di circa 2.000 km2 , cinto da ripide scarpate e
localizzato tra il mar Adriatico e la piana del Tavoliere delle Puglie,
rappresenta un luogo caratterizzato da elevata biodiversità, per la presenza
di numerosi ambienti che vanno dalla fascia costiera (con estesi ed
incontaminati cordoni dunari, bianche falesie a picco sul mare, e intime
calette basse), alle colline e alle montagne più interne, con la presenza di
boschi (è la zona più boscosa della Puglia), laghi (Lesina, Varano, Lago
Salso), corsi d’acqua, cutini nelle zone interne, pascoli e steppe.
L’intervallo altimetrico tra la linea di costa e il monte Calvo presso San
Giovanni Rotondo è di 1.055 m s.l.m.; il substrato geologico è
prevalentemente calcareo; l’idrografia è principalmente costituita da corsi
d’acqua a carattere torrentizio che percorrono valli profonde, delimitate da
pareti rocciose scoscese. Nella maggior parte dei casi, questi corsi d’acqua
giungono al mare, ma sul versante settentrionale si riscontra una serie di
canali, spesso risultanti da opere di bonifica, il cui flusso idrico concorre
ad alimentare i laghi di Lesina e di Varano. La scarsità di corpi idrici
interni è un indizio della natura fortemente carsica del territorio. Infatti,
la maggior parte dell’acqua piovana si disperde nel sottosuolo. Le grotte
rappresentano vie di transito di flussi idrici e materializzano punti di
contatto tra il sistema idrico superficiale e quello sotterraneo. Un fenomeno
carsico di superficie molto diffuso sul promontorio è rappresentato dalle
doline, enormi imbuti nel terreno residui di antiche grotte le cui volte sono
crollate e che in diversi casi accolgono specchi d’acqua più o meno permanente
(cutino). La maggior parte della costa è rocciosa ed elevata. Non mancano
comunque gli arenili, diffusi soprattutto sul versante settentrionale (come
Lago di Lesina, San Menaio). Il notevole sviluppo della costa, l’asperità del
territorio, l’isolamento biogeografico, sono fattori che hanno influito ed
influiscono enormemente sulle peculiarità naturalistiche del Gargano. La
copertura boschiva e di macchia mediterranea è di oltre 39.000 ettari, il 18%
dell’intero territorio garganico. È questo un dato significativo ed atipico
rispetto alla Puglia, che ha una copertura arborea complessiva pari a solo il
5% dell’intera superficie regionale. Non solo l’estensione complessiva, ma
anche la ricchezza delle tipologie boschive sono degne di nota. Sui versanti
costieri meridionale ed orientale prevalgono le pinete a pino d’Aleppo.
Procedendo verso l’interno e salendo progressivamente di quota, si incontrano
i boschi di leccio, di quercia virgiliana, di cerro e di faggio (Foresta
Umbra). Più rari, sparsi qua e là in piccole aree, sono i boschi a carpino
bianco (Bosco Quarto presso Monte S. Angelo) e carpino orientale. L’ambiente
rupestre, così diffuso sul Gargano, accoglie comunità vegetali che in
primavera ed estate fanno mostra di sè con splendide fioriture. La Campanula
del Gargano, l’Enula candida, la Stellina del Gargano e la Vedovina di
Dallaporta sono specie che si rinvengono in questo ambiente, dai cui nomi si
capisce la peculiarità e la distribuzione geografica di queste specie,
endemiche del Gargano o transadriatiche. E l’ambiente di pascolo, al
confronto con quello rupestre, non è da meno; esso è ricco di specie dalle
fioriture spettacolari, come il Giaggiolo del Gargano e numerosissime specie
di orchidee. |
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L’area marina protetta delle Tremiti
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Come
raggiungere le Isole Tremiti Via mare: tramite traghetti e aliscafi dai porti di: Termoli
(tutto l’anno), Manfredonia, Vieste, Peschici, Rodi Garganico, Vasto, Ortona,
Pescara. Via terra: mediante collegamento tra Foggia (aeroporto Gino
Lisa) e l’eliporto di san Domino (Isole Tremiti). Info: 199.24.03.02 |
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Cosa si può
fare nell’area protetta Centro visite Escursioni in barca. Nell’Isola
di San Domino, all’interno del Centro
Polifunzionale, vi è un modernissimo centro di informazione e di
sensibilizzazione oltre che luogo dove svolgere attività di educazione
ambientale. Qui si possono ricevere informazioni complete su tutto il sistema
turistico del Gargano e sulle emergenze naturalistiche, storico-culturali
delle Isole Tremiti; un maxi schermo che permette la visione di filmati
inerenti le Isole Tremiti, la Riserva Marina e i suoi abitanti marini; un
info-webpoint, che permette all’utenza la navigazione nel sistema turistico
del Parco del Gargano, la creazione d’itinerari personalizzati,
l’informazione sulle strutture ricettive, sugli eventi organizzati; una serie
di pannelli informativi che forniscono notizie più dettagliate sugli habitat
e le specie marine e terrestri delle Isole.
Attività subacquee. Diving specializzati accompagnano i subacquei ad ammirare gli
splendidi fondali, ricchi di colori e di numerose forme di vita. Le Isole
Tremiti sono uno dei gioielli più
preziosi di tutto il Mediterraneo, un vero e proprio paradiso
naturalistico per gli amanti del mare, ricche di siti di immersioni (circa
40) per ogni gusto (in parete, su secche, su relitti, in grotte, ecc) e per
ogni livello di preparazione (da semplici a molto impegnative), con la
possibilità di osservare numerosissime specie di pesci, crostacei e molluschi
nonchè le splendide e coloratissime pareti ricoperte da axinelle, crinoidi,
spirografi, gorgonie, coralli. Charter Nautico. Aziende specializzate offrono una vasta gamma di imbarcazione
che permetteranno di apprezzare, in tutta la loro bellezza, le tante calette
e grotte e di fare bagni in luoghi solitari e unici. A bordo di una
imbarcazione si potrà gustare a pieno l’aspetto selvaggio e tranquillo di
queste splendide Isole. Escursioni in barca. Escursioni a bordo di imbarcazioni adibite al trasporto dei
turisti, sia lungo il periplo dell’Isola di San Domino per ammirare la sua
costa, un piccolo museo di creazioni nate grazie all’opera erosiva del mare e
del vento (calette, architelli, grotte, pagliai, vere e proprie sculture
rocciose, ecc) sia per raggiungere tutte le isole dell’arcipelago delle
Tremiti (San Nicola, Cretaccio e Caprara), con la possibilità di soste per
consentire bagni indimenticabili. Bird Whatching. Le Isole Tremiti, per la loro posizione strategia al centro
dell’Adriatico, assolvono alla funzione di riposo e sosta di numerose specie
di uccelli migranti in direzione Nord-Est in primavera e in direzione
Sud-Ovest in autunno. In estate al tramonto è possibile udire il famoso canto
delle berte. |
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NEI DINTORNI
DELL’AREA PROTETTA |
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Itinerario Storico-Archeologico Le Tremiti sono le antichissime
isole Diomedee, la cui storia è, secondo la
leggenda, legata al mito dell’eroe greco Diomede re di Argo.
Spostandosi sulla costa, da Peschici fino al lido di Siponto, si ripercorrono
le tappe più significative della storia dei popoli che occuparono
intensamente le cavità naturali e le baie affacciate sul mare, attraverso il
quale transitavano genti, idee e merci. Il promontorio garganico, proteso
verso il mare, già a partire dal
Paleolitico fu abitato da piccoli gruppi di cacciatori che trovarono
riparo nelle numerose grotte del litorale e sfruttarono i giacimenti di selce
per ricavare utensili e strumenti. Durante
l’Età del Bronzo (II millennio), l’area costiera tra Vieste e Peschici fu
occupata da popolazioni che vivevano in villaggi capannicoli e commerciavano
con il Mediterraneo orientale. Ne è testimonianza il Grottone di Manaccora,
ampia cavità naturale visitabile nell’omonima baia, che conserva tracce delle
attività artigianali e dell’utilizzo funerario nei numerosi anfratti che si
aprono lungo le pareti. Tra IX e VIII
secolo nacque la civiltà dauna, i cui insediamenti si svilupparono in
prossimità dei fiumi e del mare. Di essi sono note solo le tombe, semplici
fosse scavate nella roccia (come quelle di Monte Tabor, Monte Civita e Monte
Saraceno). La massima espressione della civiltà dauna è rappresentata dalle stele, lastre rettangolari in pietra
calcarea, incise su entrambi i lati con scene di vita quotidiana ed
utilizzate, forse, come segnacoli tombali (conservate presso il museo Nazionale di Manfredonia). Per tutta l’età romana le vallate costiere del
territorio garganico furono occupate da fattorie e da ville residenziali, a
volte di grandi dimensioni e finemente decorate, appartenenti a ricchi
proprietari dediti soprattutto alla produzione olearia: testimonianza di
questa fase sono i resti delle ville di Santa Maria di Merino, adiacente
all’omonimo santuario presso Vieste e la villa di Agnuli vicino al porto di
Mattinata. Restando a Vieste una
passeggiata nell’oasi archeologico-naturalistica del WWF La Salata, prossima
al mare e ad un piccolo corso d’acqua, consente di visitare i resti di uno
dei complessi funerari ipogeici in
cui i cristiani dei primi secoli seppellivano i defunti. La necropoli è
composta da cinque ipogei e da circa ottanta loculi scavati in una parete di
roccia alta 50 metri. L’oasi costituisce un habitat ideale per una ricca
vegetazione e per diverse specie, anfibi, rettili, barbagianni e ghiandaie.
Percorrendo la costa fino al più importante porto commerciale del territorio,
Manfredonia, si può visitare il Museo
Nazionale Archeologico, all’interno del castello svevo-angioino. Il
percorso espositivo consente un excursus sulla storia del territorio ed
un’approfondita conoscenza delle originali testimonianze della cultura dauna,
le steli. Una sezione dedicata all’archeologia subacquea offre
un’introduzione generale alle metodologie e alle tecniche di ricerca e
illustra le scoperte effettuate lungo il litorale della Daunia. Nel lapidario
sono esposti materiali provenienti dal Parco
Archeologico di Siponto, ultima tapp a di questo itinerario. La colonia romana,
fondata nel 194 a.C., fu per secoli un importante porto commerciale per le
transazioni di cereali che dalle proprietà terriere del Tavoliere venivano
esportate anche sull’altra sponda dell’Adriatico. Il sito archeologico
conserva una parte della cinta muraria risalente all’inizio del II secolo
a.C., tracce degli edifici pubblici, la basilica paleocristiana con pavimenti
a mosaico e la vasta necropoli sviluppatasi intorno all’edificio. Fanno parte
del parco anche diversi ipogei funerari di età paleocristiana e la maestosa
chiesa romanica di Santa Maria, nella cui cripta si conservano i resti del
battistero. |
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Itinerario
Naturalistico |
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Una strada
panoramica percorre il perimetro del promontorio garganico, toccando i centri
di Manfredonia, Mattinata, Vieste,
Peschici, Rodi Garganico, Cagnano Varano e Sannicandro Garganico. Essa
rappresenta l’ossatura della viabilità del Gargano: serve tutte le località
costiere e consente in diversi punti l’accesso alle aree interne del
promontorio. Il Parco Nazionale del Gargano è stato istituito nel 1991. Esso
ha una superficie complessiva di circa 121.000 ettari e comprende le
Isole Tremiti ed un’ampia porzione del
promontorio garganico. Tra le altre aree protette presenti sul territorio, i
cui limiti non coincidono esattamente con quelli del Parco Nazionale, si citano:
I Laghi di Lesina e di Varano Il Lago di Lesina è una laguna d’acqua
salmastra con una profondità massima che non supera i 2 m, separata dal mare da
un cordone dunare (Bosco Isola). Essa prende il nome dell’omonimo paese
posizionato sulla sponda sud-occidentale, facilmente raggiungibile dall’autostrada A14. La duna di Bosco Isola è un biotopo
molto interessante per la presenza di una vegetazione arborea ed arbustiva
importante dal punto di vista conservazionistico: il bosco di leccio, la
macchia litoranea a ginepri, la gariga a rosmarino, ad erica, a cisti e
quella a fumana vischiosa ed eliantemo jonico. È inoltre presente la pineta a pino d’Aleppo, che è il
risultato di un’operazione di impianto. Di rilievo è la presenza del Cisto di
Clusius, che si contraddistingue dagli altri cisti dalle foglie simili a
quelle del rosmarino; il Bosco Isola è la stazione più orientale dell’areale
di distribuzione di questa specie, localmente presente in pochissimi nuclei e
fortemente minacciata di estinzione. Il
Lago di Varano, il più grande lago dell’Italia meridionale, è separato
dal mare da una striscia di terra (Isola). Le acque del lago hanno una
profondità massima di 5 m, mediamente superiore rispetto a quella del Lago di
Lesina. L’Isola è percorsa interamente da una strada, lungo la quale si
sviluppa un insediamento urbano che offre servizi di ristorazione,
pernottamento e camping. Nelle aree periferiche della laguna, molti suoli
sono soggetti all’oscillazione del livello idrico e si presentano asciutti in
estate ed inondati in inverno. Tra le diverse comunità vegetali che qui si
insediano si citano quella costituita da specie annuali crassulente come la
Granata irsuta e la Salicornia europea. La prima è una specie ritenuta a
rischio di estinzione in Italia; la seconda viene raccolta, messa in conserva
e consumata dagli abitanti locali. Rilevante è la fauna ittica presente nei
due laghi, sfruttata a scopo alimentare, in particolare l’anguilla. La pesca
delle anguille è condotta a bordo di pittoresche imbarcazioni denominate
sandali. Ma è l’avifauna acquatica quella di maggiore interesse naturalistico
con specie tipiche di questo ambiente: folaghe, svassi, tuffetti ed anatidi
quali moriglioni, morette, alzavole e germani. Nei canneti, che cingono
alcuni tratti del sistema lagunare, vivono comunità di passeriformi tra cui
il cannareccione, la cannaiola ed il forapaglia. Al tramonto i canneti sono
raggiunti da migliaia di uccelli per trascorrervi la notte: rondini e storni,
ad esempio. Tra i rettili è significativa la presenza della testuggine di
terra che vive nelle aree arbustive limitrofe ai laghi. |
La Foresta Umbra è localizzata ad una quota intorno agli 800 m s.l.m. Il termine Umbra significa “ombroso”,
per la folta vegetazione arborea. In effetti, elemento caratteristico e costante della Riserva è proprio il bosco, in buona parte rappresentato dalla faggeta. Nel sottobosco
si rinvengono numerose specie erbacee a fioritura primaverile, come il
bucaneve, l’anemone dell’Appennino, l’aglio orsino ed il ciclamino
primaverile. Le tipologie boschive della Foresta Umbra non si esauriscono
alla faggeta. Sono presenti, infatti, boschi di cerro, di leccio, di tasso,
di farnetto, di alloro e tiglio, in quest’ultimo caso limitatamente agli
ambienti di forra. Sono questi gli unici contesti ambientali a livello
regionale in cui sono sopravvissute specie di eccellenza della fauna stanziale
italiana quali il capriolo italico, il gatto selvatico e il lupo, tra i
mammiferi. Tra gli uccelli, il gufo reale, cinque specie di picchi (il verde,
il rosso maggiore, il rosso minore, il rosso mezzano e il dorso bianco) e
rapaci come il lanario e il biancone. Tra i rettili è significativa la
presenza del cervone, del colubro liscio e della testuggine di Hermann. Il
capriolo, importante endemismo italiano presente allo stato selvatico
unicamente in alcune aree di Puglia, Calabria e Lazio. Per la conservazione
di questa specie sono in atto importanti progetti finalizzati alla
salvaguardia dei “preziosi” nuclei sopravvissuti e al tentativo di ripopolare
aree in cui un tempo è stata presente. Le Saline di Margherita di Savoia Sono le saline più grandi d’Italia (4500 ettari). Sono state
costruite dall’uomo, dalla trasformazione del lago Salpi, un bacino costiero
di acque salmastre e stagnanti da cui prendeva il nome l’antica Salapia,
città lagunare dauna. La raccolta del sale è iniziata in quest’area già intorno al III secolo a.C.: Plinio il
Vecchio parla di questa raccolta del sale che si accumulava naturalmente.
L’area fu terreno di caccia dell’imperatore Federico II, citata nell’opera
“De arte venandi cum avibus”. L’assetto attuale fu dato nel 1900 attraverso
il completamento di opere di bonifica iniziate dai Borboni. Tutt’oggi in uso,
vengono prodotti annualmente 5-6 milioni di quintali di sale, estratti con
l’antico metodo dell’evaporazione solare. Èun sistema di vasche in cui
l’acqua marina entra attraverso canali e, passando dalle vasche “evaporanti”
a quelle “salanti”, raggiunge concentrazioni di sale fino a 300 chilogrammi
per metro cubo d’acqua. L’acqua marina che annualmente alimenta il sistema si
aggira in media intorno ai 30 milioni di metri cubi. In questo luogo di
straordinario valore naturalistico, Riserva Naturale dello Stato, Zona Umida
d’Importanza Internazionale, si tenta di trovare un compromesso sostenibile
tra gli aspetti economico-produttivi e quelli ambientali. La presenza del
sale condiziona fortemente la presenza di ogni forma di vita. L’habitat
prevalente è il salicornieto. Le presenze faunistiche di maggiore rilievo
sono quelle ornitiche, di specie legate ad ambienti acquatici. L’avifauna è abbondantissima in ogni
stagione. In inverno gli anatidi (come fischioni e volpoche) frequentano le
vasche della salina. In periodo riproduttivo prevalgono specie quali il
fenicottero e il gabbiano roseo, che formano consistenti colonie sulle isole
che originano dall’erosione degli argini dei bacini. Questi vengono di tanto
in tanto ricostruiti e ciò che resta dei vecchi viene lasciato a formare
preziosi siti riproduttivi per gli uccelli che nidificando al suolo e che
quindi, sulle isole, sono più al sicuro dai predatori terrestri. Al margine
della vegetazione nidifica l’avocetta e il cavaliere d’Italia. In periodo
migratorio sono numerosissimi i limicoli, tra cui il piovanello pancianera e
il gambecchio, che raggiungono concentrazioni di migliaia di individui. |
Tradizioni
popolari Ogni 15 agosto
si svolge la consueta e tradizionale processione
a mare della Patrone delle Isole Tremiti,
Santa Maria a Mare, la Madonnina dell’arcipelago Pugliese, un rito
suggestivo ed emozionante che attrae e incanta tanti visitatori. Numerosi,
ogni anno, gli isolani e i turisti che assistono alla celebrazione religiosa
via mare: le imbarcazioni partono dalla banchina di San Domino stracolmi di
fedeli e raggiungono il molo di San Nicola dove sopraggiunge la statua della
Madonna partita dalla chiesa della storica fortezza. Viene, quindi posta a
bordo di una imbarcazione allestita a festa, dove salgono anche tutte le
autorità. Il corteo di imbarcazioni fa poi rotta verso Cala dei Turchi per
ascoltare la messa e per la deposizione in mare della tradizionale corona di
fiori. Quindi si fa ritorno sulle isole dove comincia la festa con
spettacoli, manifestazioni e magnifici fuochi pirotecnici. |
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Ricette
tradizioni Tremiti e Gargano La gastronomia garganica, caratterizzata dalla riscoperta di prelibate rarità come il
grano arso, è fatta di ingredienti semplici e genuini combinati in prodotti
dal sapore intenso. La tradizione culinaria costiera è una variazione di
quella dell’entroterra, arricchita dalla varietà di pesci dei fondali pescosi
del Gargano e delle Tremiti. Ragù di palamite Il ragù di palamite si prepara con palamite fresco. Spinare il
palamite e tritare o con macchina adatta o con coltello prèposto, mettere a
soffriggere una cipolla tritata con olio extra vergine di oliva senza farla
bruciare quindi a fuoco lento, aggiungere il Palamite tritato dopo pochi
minuti, farlo saltare, aggiungere un bicchiere di vino bianco da far
evaporare con fiamma più forte. Aggiungere quindi la salsa di pomodoro in
misura ridotta per la quantità di palamite, sale e prezzemolo a fine cottura.
Da far cuocere a fuoco lento. Il ragù per condire i diversi tipi di pasta è
pronto! Minestra di anguilla Ingredienti: 8
etti di anguille di Lesina, 2-3 patate, 2 pomodori, mezza melanzana, una
zucchina, mezzo peperone, una piccola cipolla, una costa di sedano, un ciuffo
di cicoria di campo, una manciata di cime di rapa, fette di pane casereccio,
olio extravergine di oliva, sale, peperoncino piccante. Tempo di preparazione
e cottura: un’ora. Mondate e lavate le
verdure. Scottate la cicoria in acqua bollente e tagliate tutto il
resto a pezzettoni. Eviscerate le anguille, eliminate testa e coda, diliscatele
e tagliatele a tranci di tre-quattro centimetri. Tuffatele in due litri di
acqua salata e portate a ebollizione. Schiumate e aggiungete la cicoria
strizzata, le cime di rapa e tutte le altre verdure, nonché quanto
peperoncino desiderate. Cuocete per una ventina di minuti, aggiustando di sale.
Servite la minestra, condita con extravergine crudo, in piatti fondi in cui
avrete sistemato crostini di pane. Era il cibo quotidiano dei pescatori che,
un tempo, facevano per mesi la posta alle anguille intorno al lago,
costruendo pagliai dove restavano giorno e notte in attesa che si riempissero
le speciali trappole. Durante questi lunghi soggiorni i pescatori cucinavano
le anguille con le erbe selvatiche che crescevano sulle rive del lago. |
Itinerario Adriatico |
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L’area marina protetta di Torre Guaceto Le prime azioni a tutela di Torre Guaceto ri - salgono al 1991,
con l’istituzione dell’Area Marina protetta per una superficie complessiva
pro - tetta di 2.227 ha e 8,41 km di costa; nel 2000 viene istituita la
Riserva Naturale Statale, 1.100 ettari di territorio caratterizzato da un
mosaico complesso di ambienti naturali e agricoli dalla sorprendente
biodiversità. Tre sono gli ambienti naturali più importanti della Riserva: il litorale, la macchia mediterranea e la
zona umida. Sulla sabbia depone le uova il fratino, uccello limicolo di
piccole dimensioni; le uova hanno il colore della sabbia, vengono sistemate
in una depressione e mimetizzate con conchiglie e foglie di posidonia. Sono
tante le specie che frequentano questo ambiente nei mesi dell’anno, per
ricercare il cibo o per riposare durante la migrazione. Tra tutti la più
caratteristica è la beccaccia di mare,
dal lungo e colorato becco. Lungo tutta la linea di costa della Riserva, gli
arenili di sabbia si alternano a brevi tratti di scogliera; tra le vaschette
riempite d’acqua salata e frequentate dai granchi, il finocchio marino, la
salicornia ed il limonio pugliese fronteggiano il mare. Dietro la duna
numerose specie di arbusti sempreverdi crescono a stretto contatto l’uno con
l’altro e si addensano a costituire le comunità di macchia mediterranea e di
gariga. Le specie sono adattate a contrastare il caldo e la siccità
dell’estate: il lentisco, l’alaterno, l’asparago pungente, il timo arbustivo,
il rosmarino, il mirto. Tra gli animali che frequentano l’ambiente della
macchia si menziona il tasso, un
mammifero assai raro e schivo, la luscengola ed il ramarro . Dietro la duna,
dove la falda acquifera affiora,
la cannuccia domina incontrastata. Insieme ad essa poche altre specie, come
la campanella, che utilizza i fusti della cannuccia come tutori su cui
arrampicarsi per esporre al cielo i suoi grandi fiori bianchi. Gli animali più frequenti ed appariscenti
sono gli uccelli. Alcuni trascorrono tutta la vita in questo habitat,
come il tarabuso, altri, come gli storni e le rondini, lo utilizzano solo di
notte per riposare. Altri uccelli palustri, come la folaga ed il tuffetto,
costruiscono grandi nidi galleggianti ancorati alle piante. Là dove la
salinità dell’acqua è meno elevata vivono anche anfibi e rettili tra cui la
testuggine d’acqua . Nel mare di Torre
Guaceto la diversità degli ambienti sommersi e le numerose specie di pregio
naturalistico hanno determinato l’inserimento dell’Area Marina Protetta di
Torre Guaceto all’interno della Lista delle Aree Specialmente Protette del
Mediterraneo per la conservazione della Biodiversità. Torre Guaceto può essere
apprezzata attraverso una passeggiata con maschere e pinne, i primi metri
sotto la superficie dell’acqua sono popolati da un “manto erboso”, costituito
da diverse specie di alghe che offrono riparo e fonte di cibo ad una
complessa comunità di organismi. Un’attenta esplorazione lungo la costa
rocciosa sommersa dà la possibilità di osservare numerose tane dove trovano
riparo pesci appartenenti alla famiglia degli Sparidi tra cui saraghi e
occhiate. Molto curiosi sono i comuni Serranidi come lo sciarrano e la
perchia o i Labridi come le donzelle comuni e le donzelle pavonine, che fanno
capolino tra le rocce interessati dal visitatore. In questo basso tratto di
fondale il paesaggio è colorato da svariati Antozoi tra cui il pomodoro di
mare e dal madreporario Cladocora caespitosa, che rappresenta il più grande
dei madreporari mediterranei, dalla caratteristica forma a cuscino di fiori.
Scendendo ulteriormente di profondità, Torre Guaceto offre gli ambienti più
spettacolari della Riserva, ossia le Praterie di Posidonia oceanica e il
Coralligeno. I posidonieti sono ricchi di numerosissime specie, tra cui il
più grande mollusco bivalve mediterraneo, la Pinna nobile e gli Antozoi quali
l’anemone dorato . Al confine delle praterie si estende un altro degli
habitat più importanti e spettacolari del Mediterraneo: il Coralligeno, caratterizzata dal - la presenza di gorgonie,
quali le Eunicella cavolinii e E. singularis, dall’esile struttura ramificata,
di briozoi quali il Falso Corallo e la fragile Trina di mare, di antozoi come
il Parazoanthus axinellae, di spugne, quali le grandi Axinelle . L’area della Riserva ha conservato tracce
della presenza umana che vanno indietro nel tempo fino al II millennio a.C. Infatti
durante l’età del Bronzo sul
promontorio di Torre Guaceto e sui due Scogli di Apani sorgevano villaggi
difesi da mura e costituiti da capanne realizzate con elementi lignei e
vegetali, le cui pareti erano coperte da intonaco d’argilla. Poche tracce
sono riferibili alla presenza di abitati in età messapica (metà VII- metà III
sec. a.C.), mentre dopo la conquista romana quest’area costiera e gli
isolotti prossimi alla costa furono densamente abitati, come dimostrano i
ritrovamenti di materiali ceramici: la Via Appia Traiana, che correva
immediatamente a monte dell’attuale area paludosa, determinò l’inserimento
dell’area di Torre Guaceto nella rete di traffici e commerci che collegavano
le ville e gli insediamenti rurali dell’interno con i grandi complessi
produttivi costieri (come le fornaci individuate ad Apani). Per tutta l’età
romana e fino al V-VI secolo l’a - rea rappresentò un approdo importante,
come dimostrano i resti della torre-faro presenti sul terzo isolotto e un
relitto coevo affondato nelle acque antistanti. |
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Come
raggiungere la RISERVA In auto: il
Centro Visite dalla SS 379 Lecce - Bari uscita Serranova e proseguire per
Serranova; la Riserva dalla SS 379 Lecce - Bari uscita Torre Guaceto-Punta
Penna Grossa e prendere complanare lato mare, fino al parcheggio di Punta
Penna Grossa. In treno: la Riserva dista 20 km dalla stazione ferroviaria di
Brindisi e 8 km da quella di Carovigno. In aereo: a Riserva dista 15 km
dall’aeroporto di Brindisi. |
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Cosa si può fare nell’area protetta Riserva è il centro visite AL GAWSIT,
situato nella Borgata di Serranova, poco oltre i
confini della Riserva. Questo spazio mette a disposizione dei visitatori
materiali e informazioni utili per la conoscenza dell’area ed inoltre gode di
spazi dedicati a mostre tematiche, video informativi, materiali e libri da
consultare oltre che un piccolo bar/ mercatino bio. I visitatori
attraverseranno virtualmente gli ambienti dell’area protetta e conoscerne i
segreti più affascinanti, da quelli del canneto, ai colori e alle creature
dei fondali nella sala degli acquari tra ricostruzioni, video e riproduzioni;
potranno viaggiare nel tempo e ripercorrere la storia della Riserva. Nel
centro visite è anche possibile noleggiare biciclette e acquistare gadget
ricordo della Riserva. Laboratori per Bambini ed Eventi
Serali Nel periodo estivo sulle spiagge si svolgono
laboratori tematici per bambini e un interessante programma di eventi serali.
I laboratori per bambini rappresentano proposte multidisciplinari di incontro
con la natura e la scienza attraverso i linguaggi diversi dell’arte, del teatro,
della musica e dell’astronomia. Le sere della Riserva diventano lo scenario
naturale degli eventi culturali di Torre Guaceto, che propone ogni anno un
calendario di appuntamenti suggestivi e affascinanti tra racconti sospesi fra
la terra e il mare. A piedi, in bicicletta, con maschera
e pinne a vela e in… trenino La passeggiata
in bicicletta porta a scoprire gli angoli più intimi della Riserva, tra
oliveti secolari, masserie e case coloniche, pedalando tra degustazioni e
incontri di campagna. Le escursioni a piedi attraversano la Riserva con un
cammino accessibile a tutti, che va dalla zona umida all’antica torre fino
alla macchia mediterranea, ricca di miti e leggende. Per esplorare i fondali
della Riserva è possibile partecipare alle attività di snorkeling: a pelo
d’acqua con maschera e pinne per scoprire un angolo di Adriatico
incontaminato. I più esperti con l’ausilio di autorespiratori potranno essere
accompagnati da guide subacquee autorizzate. Per gli amanti della vela si
organizzano stage di avvicinamento alla Vela e corsi residenziali e non
articolati su più livelli, per imparare a condurre derive, catamarani,
windsurf e kite surf. Nei mesi estivi è inoltre a disposizione un’ulteriore
modalità di visita guidata con un trenino elettrico, che all’imbrunire di
ogni giornata d’estate parte dalla spiaggia di Punta Penna Grossa per
raggiungere il promontorio della torre e i luoghi più significativi e interni
della Riserva. |
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NEI DINTORNI DELL’AREA PROTETTA |
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Itinerario Storico Archeologico
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Itinerario Naturalistico |
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Oltre alla
Riserva Naturale Statale di Torre Guaceto,
le altre aree naturali protette presenti nella zona sono localizzate
principalmente lungo la costa. Procedendo da nord verso sud troviamo i Parchi Naturali Regionali: Dune
Costiere da Torre Canne a Torre San Leonardo, Salina di Punta della Contessa
e Bosco e Paludi di Rauccio. Il Parco Naturale Regionale Dune Costiere Da
Torre Canne a Torre San Leonardo L’area naturale protetta istituita con L.R.
31/2006, si estende nei territori di Ostuni e Fasano su circa 1.100 ettari,
lungo 8 km di costa inoltrandosi verso l’interno tra oliveti millenari ed
estesi pascoli. Nell’area protetta sono presenti numerosi habitat, alcuni dei
quali considerati prioritari dall’Unione Europea. Dai lunghi cordoni dunali
coperti con vegetazione a ginepro (con esemplari monumentali di 500-600 anni)
agli stagni retrodunali dove insistono fragili ambienti che ospitano numerosi
uccelli migratori. L’area è fruibile con un sistema di sentieri e passarelle
sospese tra i bacini di un antico impianto di acquacoltura risalente all’800
dove sono allevati, con metodi biologici, anguille e cefali. Dagli stagni
retrodunali, percorrendo una serie di sentieri, si giunge alle dune fossili
con pseudosteppa e alle aree agricole con seminativi e oliveti monumentali,
dove è possibile visitare masserie storiche del XVI - XVII secolo e frantoi
ipogei medievali. Gli oliveti secolari sono intervallati da profonde
incisioni carsiche dette “lame” che scorrono fino al mare. Le lame
custodiscono al proprio interno una folta e variegata vegetazione spontanea e
interessanti insediamenti rupestri bizantini. Il Centro visite, denominato Casa del Parco, è ospitato
all’interno della stazione ferroviaria dismessa di Fontevecchia, una piccola
stazione di campagna, raggiungibile dall’antica via Traiana. Una rete escursionistica da percorrere a piedi o in bicicletta tra l’antico tracciato
romano e le strade rurali, permette di conoscere tutti gli ambienti del
Parco. L’antica Via Traiana,
attrezzata con segnaletica, aree di sosta e punti d’informazione per
cicloturisti, fa parte della ciclovia Adriatica, uno di percorsi a lunga
percorrenza della rete ciclistica nazionale di Bicitalia che da Venezia corre
lungo tutto il litorale adriatico fino al capo di Santa Maria di Leuca. Tante
le iniziative organizzate nel Parco, tra escursioni, visite guidate ed
eventi. Tutte prendono avvio dalla Casa
del Parco presso la stazione di Fontevecchia e coinvolgono cicloturisti e
cicloescursionisti che giungono in treno con le bici al seguito, nelle vicine
stazioni ferroviarie di Ostuni e Cisternino presso Pozzo Faceto. Attraverso
un accordo tra Regione Puglia, Trenitalia e Ferrovie Sud Est è infatti
possibile trasportare la bici sul treno senza pagare supplemento. Il Centro Visite o Casa del Parco è
sito nella ex stazione ferroviaria di Fontevecchia, in Ostuni (Br). Escursioni e
visite guidate si effettuano su prenotazione: info@parcodunecostiere.org www.parcodunecostiere.org COME RAGGIUNGERE IL PARCO La zona umida di Fiume Morelli dalla SS 379 Bari-Lecce uscita
Ostuni-Pilone-Rosa Marina, direzione Pilone, prendere complanare lato mare,
fino alla zona umida di Fiume Morelli La Casa del Parco In auto: dalla SS 379
Bari-Lecce uscita Ostuni-Pilone-Rosa Marina, direzione Ostuni, seguire le
indicazioni per la Casa del Parco – ex stazione di Fontevecchia svoltando a
destra per la via Traiana, oppure dalla SP 1 bis (ex SS 16) Ostuni – Fasano
svoltare a destra al km 871 per C.da Fontevecchia e seguire le indicazioni
per la Casa del Parco – ex stazione di Fontevecchia. In treno: Linea FS
Bari-Lecce, dalla stazione di Cisternino lungo la via Traiana fino alla Casa
del Parco In aereo: Il Parco dista 40 km dall’aeroporto di Brindisi. |
Il Parco Naturale Regionale Salina di Punta Della Contessa. Il Parco ha una superficie di 950 ettari è localizzato sulla
costa a sud della città di Brindisi. I seminativi caratterizzano il paesaggio
dell’entroterra ed occupano l’80% della superficie dell’area naturale
protetta. La principale peculiarità dell’area è la presenza di alcuni specchi
d’acqua retrodunari che tendono a prosciugarsi in estate (Salina Vecchia e
Salinella). La forte oscillazione del livello idrico e del grado di salinità
sono i presupposti per l’instaurarsi di comunità vegetali particolari, tra
cui si citano quella a erba dei chiozzi spiralata, a lisca marittima, lo
spartineto, il giuncheto a giunco foglioso, i salicornieti perenni, le
comunità annuali a salicornia annuale, cressa e granata irsuta. Rilevante è
la presenza di garighe ad erica pugliese e timelea barbosa. L’area presenta
elevati valori naturalistici, come evidenziato dal valore e quantità di
specie e di habitat presenti e inseriti nelle direttive 79/409/CEE e
92/43/CEE e negli elenchi del Libro Rosso degli Animali d’Italia. Nel Parco
sono segnalate, tra gli uccelli, circa 14 specie nidificanti e molte
appartenenti ad altre categorie fenologiche che risultano d’interesse
internazionale. Nell’area svernano alcune migliaia di esemplari tra
ciconoformi, anseri formi e caradri formi, abbondantissime sono le presenze
in periodo migratorio. Tra le specie più comuni: l’airone bianco e l’airone
cenerino, il fischione ed il codone. Qui nidifica il cavaliere d’Italia e il
fraticello. In inverno è possibile osservare anche il fenicottero e la
spatola, il cigno reale e il chiurlo. COME RAGGIUNGERE IL PARCO In auto: dalla SS 379 Lecce-Brindisi-Bari, uscita Brindisi Zona
Industriale, si prosegue per la litoranea salentina in direzione Lecce.
Giunti all’altezza della Masseria “Villanova” svoltare alla sinistra in
direzione della Masseria didattica “La terra del Sale” di Anna Argento.
Provenendo da Bari percorrendo la SS 379 per Lecce, superato il centro
abitato di Brindisi, uscire in direzione della zona industriale e seguire le
stesse indicazioni innanzi citate. in treno: il Parco dista 5 km dalla
stazione ferroviaria di Brindisi. in aereo: il Parco dista 7 km
dall’Aeroporto di Brindisi. Il Parco Naturale Regionale Bosco e Paludi di Rauccio. Nel Parco esteso 625 ha, si alternano aree agricole ed ambienti
naturali. E’uno spaccato del tipico paesaggio rurale salentino. Il bosco di lecci è ciò che resta
dell’antica “Foresta di Lecce”, che nel medioevo si sviluppava sino ad
Otranto e Brindisi. Tra la lecceta ed il mare è presente una vasta zona umida
(Specchia della Milogna; milogna è il nome dialettale del tasso). La costa è
sabbiosa, con presenza di dune a tratti ancora ben formate. Le emergenze
naturalistiche sono rappresentate dalla periploca maggiore, l’orchidea
palustre, il tasso, il falco di palude e la raganella. La masseria è stata
oggetto di restauro ed ospita il centro recupero tartarughe marine di Lecce,
che “in rete” con altre aree naturali sa lentine (Porto Cesareo e Torre
Guaceto), cura e rimette in libertà annualmente decine di esemplari di
tartaruga. Il Centro è sede estiva dei campi di ecovolontariato organizzati
dal Centro Turistico Studentesco (CTS). Nel Parco sono presenti quattro
“sentieri natura” (botanico, faunistico, idrologico e storico-culturale) tra
le attività turistiche si annoverano: visite guidate, trekking, bicitrekking,
passeggiate, escursioni a piedi e/o a cavallo, laboratori didattici, corsi,
seminari, stage, eventi culturali, eventi sportivi, giornate a tema, campi
scuola, campi di soggiorno e campi estivi rivolti a bambini ed adulti, noleggio
di biciclette. COME RAGGIUNGERE IL PARCO in auto: dalla SS 379 Lecce-Brindisi-Bari (uscita Squinzano –
Santa Maria Cerrate), l’area è collegata alla Città di Lecce da una strada
pro - vinciale: la Lecce/Torre Chianca In treno: la stazione di Lecce (circa
18 Km dal Parco) In aereo: l’Aeroporto Internazionale di Brin - disi (circa
35 Km dal parco) e l’Aeroporto privato Lecce-Lepore (circa 15 Km dal parco). |
Tradizioni popolari La cavalcata di sant’Oronzo ad
Ostuni La cavalcata di sant’Oronzo è la festa più attesa e importante
di Ostuni. Ogni anno il 25, 26 e 27 di agosto, sono giorni dedicati al santo:
un corteo di cavalli e cavalieri bardati a festa, sfila per le vie cittadine
a scorta del protettore della città. Le origini della cavalcata risalgono al
1657. La peste invase il Salento risparmiando Ostuni ed altre città di Terra
d’Otranto. Il miracolo venne attribuito a sant’Oronzo ed ogni 26 agosto gli
ostunesi vollero recarsi in processione al santuario eretto in suo onore. Carovigno, città della nzegna La tradizione popolare e religiosa più importante per la
cittadina carovignese e sicuramente la Nzegna, antico maneggio della bandiera
legato al culto della Madonna santissima di Belvedere, patrona dalla città.
Ogni lunedì e martedì successivi al giorno di Pasqua, viene riproposta la
battitura della Nzegna (che letteralmente significa bandiera) accompagnata
dalla processione per le vie del paese con la statua della Vergine di
Belvedere. Festa di San Teodoro a Brindisi La tradizionale “Processione al Mare” si svolge annualmente il
sabato precedente la prima domenica di settembre nell’ambito delle solenni
celebrazioni dei Santi Patroni della città San Teodoro d’Amasea e San Lorenzo
da Brindisi. Questa cerimonia, nata nel 1776 ricorda un episodio miracoloso del
1210: le spoglie si San Teodoro, fatto uccidere in Turchia per non aver
abiurato la sua Fede in Cristo, venivano trasportate dall’odierna Aukat
(Turchia) a Brindisi, ma i marinai della nave, vistisi inseguiti da navi
turche, misero le spoglie del Santo su una barca, che spinta dalla corrente,
si diresse nel porto della città. |
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Ricette tradizioni Ciceri e tria
Ciambotto Ingredienti: un chilo e mezzo di pesci da zuppa, cianchettine,
trigliette, merluzzetti, ghiozzi, scorfani, totani, un pomodoro, 3 spicchi
d’aglio, un mazzetto di prezzemolo, olio extravergine di oliva, sale, peperoncino in polvere. Tempo
di preparazione e cottura: due ore Fate soffriggere in un tegame capace, con
tre cucchiai d’olio, l’aglio, il prezzemolo tritato e il pomodoro
spezzettato. Aggiungete il pesce, coprite con acqua e aggiustate di sale.
Fate bollire finchè gli occhi dei pesci saranno diventati bianchi.
Distribuite i pesci nei piatti con un po’ di brodo, condite con olio
extravergine e spolverizzate con peperoncino. |
Itinerario Ionico |
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L’itinerario si sviluppa lungo la costa Ionica pugliese e nell’immediato
entroterra: un territorio molto vario sia da un punto di vista paesaggistico
che naturalistico. A nord, a partire dalla costa meridionale tarantina, in
località Torre Ovo, sino a Porto Cesareo il litorale si articola in basse
scogliere e cale sabbiose. Da Punta
Prosciutto sino ai caseggiati di Torre Lapillo si estende il Lido degli Angeli,
una delle spiagge più grandi e belle della Penisola Salentina, con alti
cordoni dunari di sabbia fine e bianca. L’intero tratto di costa, soprattutto
in prossimità dell’abitato di Porto Cesareo, è dissemi - nato di piccoli
scogli affioranti e isolotti, tanto da rendere la navigazione sottoscosta
estrema - mente impegnativa ma davvero suggestiva. Da Porto Cesareo a Torre
dell’Inserraglio la costa è rocciosa e si alza gradualmente fino a 5-6m sul
livello del mare. A partire da Porto Selvaggio, procedendo verso sud, la
costa diventa rocciosa e si sviluppa in alte falesie che si tuffano a picco
nel mare. All’interno di queste pareti si aprono moltissime grotte sommerse o
semisommerse, suggestiva meta di turismo subacqueo. Tutta la linea di costa
ionica ed adriatica è punteggiata da un sistema di torri fortificate del
1500: sono chiare costruzioni quadrangolari erette per difendere il
territorio dagli assalti dei pirati Saraceni. La posizione geografica della
Puglia e le caratteristiche stesse delle sue coste, estesissime e per lunghi
tratti prive di difese naturali, determinarono la necessità di dotarsi di un
sistema difensivo e di avvistamento contro le incursioni provenienti dal
mare. Le torri hanno dei criteri
costruttivi comuni, base quadrata con sviluppo in elevato tronco-piramidale e
caditoie su ogni lato. Sul basamento del - la torre era presente una grossa
cisterna all’in - terno della quale si convogliavano, attraverso
intercapedine muraria, le acque meteoriche del terrazzo. Inizialmente non vi
erano le scalinate per l’accesso alla torre, bensì si accedeva attraverso una
scala in legno retraibile all’interno della torre stessa. Da un punto di vista storico archeologico,
l’itinerario proposto si snoda lungo il litorale ionico, da Nardò a Porto
Saturo, lambendo il territorio di Oria e Manduria, un tempo culla della
civiltà messapica. L’itinerario guida alla scoperta delle vicende insediative
della Puglia meridionale, dell’avvicendarsi di popolazioni indigene e di
gruppi di coloni greci giunti dal mare, spesso in lotta tra di loro ma ugualmente
capaci di segnarne culturale ed economico. |
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L’area marina protetta di Porto Cesareo L’Area Marina Protetta Porto Cesareo (D. M 12.12.1997), è gestita dal 2001 da un Consorzio formato
dai Comuni di Porto Cesareo, Nardò e dalla Provincia di Lecce. Ha una
superficie di 16.654 ettari con una linea di costa di 32 Km circa: un
litorale frastagliato, punteggiato di spiagge bianche e basse scogliere. La
Riserva nella parte orientale del Golfo di Taranto, a Nord di Gallipoli, ed è
compresa tra le località di Punta Prosciutto e Torre dell’Inserraglio. Nel
tratto di mare tutelato dall’AMP ricadono tre Siti di Importanza Comunitaria (SIC). La limpidezza delle
acque, la grande bio - diversità dei fondali, la particolare morfologia delle
coste, sono i motivi che hanno determina to l’istituzione dell’Area marina
Protetta. A partire dai 10-12 metri di profondità, nei fondali sabbiosi si
estendono le prateria di Posidonia
Oceanica, una pianta marina endemica del Mediterraneo, paragonabile, per moltissime
funzioni, alle foreste tropicali. All’interno delle praterie cresce
indisturbata la Pinna Nobilis, il
più grande mollusco bivalve del Mediterraneo, specie in via di estinzione e
protetta da normative Comunitarie; nelle praterie si possono ancora oggi
incontrare anche i cavallucci marini (Hippocampus hippocampus e H.
guttulatus). Ciò che rende suggestiva la visita ai fondali della Riserva
marina è anche la presenza del coloratissimo Coralligeno: un habitat che si
sviluppa in ambienti profondi e in condizioni di luce attenuata, costruito
dalla sovrapposizione, strato dopo strato, degli scheletri calcarei di molti
e diversi organismi marini: alghe rosse briozoi, serpulidi e antozoi. Nell’AMP Porto Cesareo banchi di
Coralligeno si formano a partire dai 15 metri di profondità, formando
panettoni di roccia, intervallati da chiazze di sabbia. Qualunque subacqueo,
dunque, anche senza una particolare esperienza, può godere del coloratissimo
e variegato paesaggio sommerso generato da questi ambienti. Tra gli organismi
del Coralligeno, la Cladocora caespitosa è l’unica grande madrepora coloniale
presente nel Mediterraneo, assimilabile a quelle che formano le splendide
barriere coralline nei mari tropicali. L’habitat che davvero caratterizza
l’AMP Porto Cesareo, è costituito dal sistema di spettacolari grotte
sommerse, legato alla natura carsica della roccia. Moltissime sono le grotte
sommerse presenti all’interno dell’Area Marina Protetta, la maggior parte
delle quali situate nel tratto di mare antistante il litorale di Torre
Lapillo, e molte altre sono le cavità presenti in prossimità della Riserva.
L’ambiente delle grotte marine è molto particolare. In esse si mescolano
aspetti propri delle acque superficiali e caratteristiche tipiche degli
ambienti profondi, per cui si vengono a creare condizioni adatte ad ospitare
una fauna (i vegetali sono scarsi, data la carenza di luce!) varia e
diversificata: spugne multicolore (Spirastrella cunctatrix, Clathrina clathrus,
Oscarella lobularis, Phorbas tenacior, Agelas oroides, Petrosia ficiformis),
antozoi (Leptopsammia pruvoti, Parazoanthus axinellae - la margherita di
mare, Cerianthus membranaceus che punteggiano i fondi sabbiosi e fangosi
degli an fratti), briozoi (Filograna implexa, Myriapora truncata – il corallo
degli sciocchi, Schizobrachiella sanguinea Sertella septentrionalis), pesci
quali le Corvine (Sciaena umbra), le Murene (Murena helena), il re di triglie
(Apogon imberbis). Il tratto di costa che lambisce l’AMP è sede di ben
quattro Siti di Importanza Comunitaria,
racchiusi entro due Aree Protette Terrestri: la Riserva Orientata Regionale “Palude del Conte e Duna Costiera,
Porto Cesareo” a nord, ed il Parco Regionale “Porto Selvaggio, Palude del Capitano”, a
sud. Questo tratto di costa è caratterizzato da un fenomeno carsico
tipicamente locale, denominato in vernacolo “spunnulate”, che significa “sprofondata”: il carsismo attivo nel
sottosuolo calcareo di questo tratto di territorio porta alla formazione di
numerose cavità sotterranee larghe e basse e, quando l’erosione dell’acqua ne
assottiglia la volta sino a non poter più sopportare il peso stesso della
roccia, la volta cede generando la “spunnulata”. le più note e spettacolari
spunnulate sono la “Palude del Capitano”, anche Sito SIC, e le spunnulate in
località Torre Castiglione, che si presentano come “laghetti” di acqua
salmastra, dove si concentrano flora e fauna del tutto peculiari (ad es. il
rarissimo Spinaporci (Sarcopoterium spinosum) e numerosi pesci eureliani,
come il raro Aphanius fasciatus, detto Nono. Lungo il tratto di costa
dell’AMP Porto Cesareo sono ben sette le torri costiere (da sud a nord: Torre
Inserraglio, Torre Santo Isidoro, Torre Squillace, Torre Cesarea, Torre
Chianca, Torre Lapillo e Torre Castiglione, oggi solo un rudere). Tra tutte, Torre Lapillo è completamente
restaurata e fruibile, sede del Centro
Visite della Riserva Regionale “Palude del Conte e Duna Costiera”. |
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Come raggiungere la Riserva In auto: autostrada fino a Bari, uscita Bari Nord, superstrada per
Lecce. Seguire la SS n. 101 LecceGallipoli, con deviazione a Nardò. Da qui
procedere per la SS n. 174 in direzione di Porto Cesareo. La costa si può
anche raggiungere dall’interno lungo la strada litoranea che collega Taranto
a Gallipoli. In autobus: collegamenti diretti da Bari, Napoli, Roma, Milano e Torino a
Lecce. Da Lecce servizio di bus locale (www.salentoinbus.it
; www.stplecce.it). In treno: stazione ferroviaria di Lecce (30 Km da Porto Cesareo, linea
Bologna-Lecce). Dalla stazione bus fino a Porto Cesareo. (www.salentoinbus.it
www.stplecce.it). in aereo: aeroporto “Papola-Casale” di Brindisi (45 Km da
Porto Cesareo). Bus fino a Lecce. Da Lecce bus fino a Porto Cesareo. (www.salentoinbus.it
; www.stplecce.it) Dall’aeroporto di
Brindisi. |
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Cosa si può fare nell’area protetta Itinerari sommersi Per permettere la fruizione completa e
consapevole dei diversi tipi di fondali, l’AMP Porto Cesareo ha definito
individuato e descritto tre itinerari sommersi, adatti a turisti con
differente grado di abilità: - Il primo itinerario
propone la visita alle Colonne romane sommerse, a soli 5 metri di profondità, visitabili anche solo
dall’imbarcazione o facendo snorkeling. Si tratta di 5 colonne di marmo
cipollino adagiate a 5 metri di profondità in località Torre Chianca. - Il secondo itinerario
prevede un percorso tra anfratti sommersi. Il punto di immersione,
situato in Zona C dell’Area Marina Protetta, si sviluppa tra i 7 e i 19 metri
di profondità lungo la Grotta “Il Camino”. - Il terzo itinerario è dedicato a subacquei più esperti e propone la
visita al relitto del Neuralia, posto a poco più di un miglio dalla costa
di Torre Inserraglio, a 32 metri di profondità i fondali. Il Neuralia è un
relitto ricco di storia: la nave ha partecipato alla prima, alla seconda
guerra mondiale ed allo sbarco in Normandia. La vicenda del Neuralia si
concluse il 1° maggio del 1945,
all’altezza di Torre Inserraglio, quando, dirigendosi a Taranto per
prelevare prigionieri di guerra tedeschi, si scontrò con una mina
galleggiante ed affondò poco dopo. Il relitto non è integro, ma si può
ammirare ancora qualche elmetto militare e qualche maschera antigas. Sono
suggestivi gli alberi, incrostati di spugne (Axinella cannabina, Axinella
polypoides, Phorbas tenacior, Aplysina aerophoba), briozoi (il falso corallo
Myriapora truncata e la trina di mare Sertella septentrionalis), policheti
(tra cui la bellissima Filograna implexa) contornati dai pesci, che tra le
lamiere trovano riparo: saraghi, cernie, aragoste, orate, murene e gronghi. |
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Nei dintorni dell’area protetta |
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Itinerario storico-archeologico
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Itinerario naturalistico |
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Riserva Orientata Regionale “Palude
Del Conte e Duna Costiera – Porto Cesareo”. La
gestione è affidata al Comune di Porto Cesareo (Le). La Riserva si estende
lungo la costa per 900 ettari, comprendendo la penisola della Strea,
l’arcipelago cesarino, la collina “Belvedere”, le “spunnulate” di Torre
Castiglione, la zona umida e quel che resta del bosco di Arneo al confine con
la provincia di Taranto. Oggi l’area è un complesso mosaico di ecosistemi con
un ambiente salmastro ad habitat prioritari tutelati da norme comunitarie. Parco Naturale Regionale “Porto
Selvaggio – Palude del Capitano” La località di
Porto Selvaggio, nel territorio di Nardò, ospita un Parco Regionale gestito
dal Comune di Nardò (Le). È caratterizzato da un susseguirsi di calette lungo
un litorale fatto da alte e panoramiche falesie, ricco di grotte interessanti
sia da un punto di vista naturalistico che archeologico. Il Parco si estende
per 1.100 ettari, dei quali 300 ettari di pineta ed una importante area
umida. L’area del Parco comprende tre Siti di Interesse Comunitario (SIC).
Nardò sorge su una terra originariamente paludosa, dalla quale prende il nome
(Neretum, dall’illirico: acqua). Il territorio comunale comprende alcune tra
le più belle marine della costa jonica tra cui oltre a Porto Selvaggio, si
possono citare S. Maria al Bagno, S. Caterina, la Baia di Uluzzo, Serra
Cicora. Parco Naturale Regionale Litorale Di
Ugento. Il Parco Naturale Regionale “Litorale di
Ugento” si estende per circa 1600 ettari e comprende la fascia costiera tra
Torre S. Giovanni e Punta del Macolone. La gestione è affidata in maniera
provvisoria al Comune di Ugento. Il Parco è caratterizzato da una elevata
varietà di ambienti naturali che vanno dal litorale sabbioso a quello
roccioso, agli ambienti retrodunali umidi, a quelli palustri e le zone boscate,
la macchia mediterranea e gli uliveti secolari, fino ai numerosi bacini, alle
spalle dell’arenile, realizzati a partire dagli anni ‘30 del secolo scorso
per bonificare le paludi e che sono oggi un sito di importanza per la sosta e
la nidificazione di numerosissime specie di uccelli migratori e stanziali. |
Torre Ovo: Foresta Fossile In
località Torre Ovo, a pochi chilometri da Campomarino
(Ta) si trova la “foresta fossile”: un sito sommerso di interesse
internazionale. superficie con la superficie di poco meno di un ettaro, che
si estende nella zona rinchiusa in quel piccolo golfo delimitato a nord, dal
promontorio su cui insiste Torre Ovo, a est dalla tonnara, ed a sud,in mare,
da una barriera naturale fatta di scogli alta circa 2-3 m. Questa singolare situazione
di barriere naturali, ha consentito alla foresta di restare protetta nei
millenni dalla furia del mare. La foresta si appoggia su un fondo compatto di
consistenza argillosa, ad una profondità variabile tra i 3 e i 6 m. Il nome
improprio di “foresta fossile” è dovuto al suo posto: ramificazione color
sabbia contorte e pietrificate, grandi da pochi decimetri fino ad alcuni
metri, simili ad una foresta pietrificata. In realtà l’origine del sito non è
ancora chiara. È possibile abbinare alla stessa giornata un immersione al
largo de “la secca di Torre Ovo” un tempo lungo di passo di tonni e grandi
pelagici; oppure l’immersione alla sorgente di San Pietro in Bevagna, che
sfocia nel mare e forma tre grandi pozze con profondità massima di 12 mt in
cui le acque estremamente limpide e la particolare vegetazione rendono
l’ambiente suggestivo. |
Tradizioni popolari Ogni anno a Porto Cesareo si svolge a gennaio la Festa di S. Antonio (nella prima
domenica successiva al 17 gennaio), con l’accensione di un falò nei pressi
dello scalo d’alaggio, processione con la statua del Santo e fuochi
pirotecnici. - A luglio il paese organizza la Sagra del Pesce, con gara di pesca dalle imbarcazioni, e stand
in cui il pesce viene cotto secondo le ricette tradizionali e servito. - Il
22 agosto a Porto Cesareo si celebra la Festa
di Santa Cesarea, con una suggestiva processione della statua a mare, con
le imbarcazioni che partono dalla banchina di levante e procedono sino a
Torre Lapillo. La festa prevede anche la rottura di una cuccagna. - Tra l’8 e
il 15 dicembre di ogni anno si svolge la sagra del calamaro. |
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Ricette tradizioni Lungo la costa jonica la gastronomia si fonda esclusivamente sui
prodotti della pesca. Ostriche e cozze sono il vanto della città di Taranto e
vengono gustate in diversi modi. I gamberoni rossi, i ricci di mare, la zuppa
di pesce dominano nella cucina gallipolina. Lu quataru, ovvero la zuppa di pesce
di Porto Cesareo. Porto Cesareo è presidio di un
piatto tipico, inserito nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali
della regione Puglia, detto “Quataru”: una zuppa di pesce, originariamente
preparata con pesci di scarto, la cui preparazione è oggi rimasta
sostanzialmente invariata dai tempi in cui costituiva il piatto uni co dei
pescatori durante le loro sortite di più giorni. “lu Quataru” prende il nome
dalla caldaia di rame (quatàra) originariamente impiegata per la sua
preparazione: qui i pescatori facevano riscaldare dell’olio di frantoio con
una grossa cipolla tritata e appena questa accennava ad imbiondire, vi
univano, a seconda della stagione, una bottiglia di salsa oppure una manciata
di pomodorini ben maturi tagliuzzati. Lasciavano insaporire il tutto per un
po’ e versavano qualche litro d’acqua, metà marina e metà di sorgente, e
quando riprendeva il bollore, vi aggiungevano pesci, crostacei e molluschi
marini, seguendo un preciso ordine. Calavano prima i molluschi (come le
immancabili seppie) poi i crostacei (granchi e cicale), infine i pesci,
iniziando da quelli dalle carni più sode (nell’ordine: tracine, pesci prete,
pesci bianchi, tranci di grongo e di murena, scorfani) terminando poi, con
quelli dalle carni più tenere (ghiozzi, tordi e triglie). Una decina di minuti
dopo aver calato gli ultimi pesci, il “quataro” veniva servito, talvolta
direttamente nelle piccole conche della scogliera sterilizzate dallo iodio e
dal sole, o in una pala di ficodindia incoppata dalla siccità. Scapece gallipolina Ingredienti: 800 gr. di pesce azzurro di dimensioni molto
piccole (2-10 cm), pescato dai pescatori di Gallipoli, farina 00, un litro di
aceto di vino, un litro di olio, un kg di mollica di pane raffermo non
lievitato grattugiato e passato al setaccio, 3 bustine di zafferano, sale.
Tempo di preparazione: circa un’ora. Lavate i pesci senza rimuovere le
lische. Infarinateli e friggeteli in abbondante olio fino a completa
doratura. Salateli e poneteli a raffreddare su carta assorbente per eliminare
l’olio in eccesso. In una terrina a parte sciogliete lo zafferano nell’aceto,
mescolando. Prendete la mollica di pane, mettetela in un recipiente,
versatevi sopra l’aceto fino a ricoprirla e lasciate riposare per alcuni
minuti. In un contenitore alto disponete un primo strato di mollica imbevuta
di aceto, quindi aggiungete sopra uno strato non troppo spesso di pesci.
Continuate a disporre i pesci e la mollica a strati alterni fino ad
esaurimento e terminate con uno strato di pane. Lasciate la scapece a
marinare per almeno 24 ore. Conservate in luogo fresco. |