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Itinerari storico-artistici e naturalistici

 La presente guida focalizza l’attenzione sul patrimonio naturalistico e storico-culturale della costa pugliese lunga circa 800 km, proponendo degli itinerari che prendono come punto di riferimento per l’esplorazione il mare protetto di Puglia, ossia le Aree Marine Protette delle Isole Tremiti, ricadenti nel Parco Nazionale del Gargano, di Torre Guaceto e di Porto Cesareo. Partendo da queste aree di eccellenza ci si sposta verso interessanti tratti di costa limitrofi e aree rurali contermini per approfondirne la conoscenza naturalistica e storico-archeologica. In particolare gli itinerari costieri sono stati ripartititi in tre grandi macro-aree: • la costa del Gargano con l’itinerario garganico che illustra la costa dell’alto Adriatico, e fa riferimento all’AMP delle Isole Tremiti; • la costa medio-adriatica del Salento con l’itinerario adriatico che va da Monopoli a Brindisi, e fa capo all’AMP di Torre Guaceto; • la costa ionica del Salento con l’itinerario jonico che da Gallipoli arriva fino a Taranto ed ha come riferimento l’AMP di Porto Cesareo.

La Puglia, con i suoi 800 km di litorale vanta lo sviluppo costiero più lungo d’Italia, regala paesaggi mozzafiato e conserva numerosi ambienti di grande valore naturalistico di rilievo nazionale ed internazionale. La costa è molto diversificata, sono presenti zone umide, alte falesie rocciose, lunghe spiagge sabbiose accompagnate da cordoni dunari coperti da pinete e boschi a ginepro, basse scogliere, interrotte da intime calette sabbiose. Alcune aree costiere negli ultimi anni sono state oggetto di misure di tutela nel rispetto delle norme dettate dall’Unione europea e di convenzioni internazionali, al fine tutelare l’elevato livello di biodiversità che le stesse racchiudono e nello stesso tempo i tratti più identitari della regione. Si può constatare come la Puglia, pur avendo una superficie molto piccola ed un’alta densità abitativa, mostri un’elevata biodiversità rispetto alle altre aree di riferimento. Rispetto al valore nazionale, in Puglia troviamo il 43% degli habitat individuati dalla Direttiva Habitat, il 65% degli uccelli nidificanti, il 44% dei mammiferi, dati che evidenziano l’enorme ricchezza della Puglia e la necessità di adottare misure concrete per conservare questo patrimonio. Questa importanza ecologica è confermata da un sistema delle aree protette che, secondo diversi livelli normativi, protegge circa il 13% del territorio regionale. Il sistema regionale delle aree protette è formato da un mosaico complesso di aree con diversi livelli di protezione. Sono presenti 2 Parchi Nazionali (il Parco Nazionale del Gargano e il Parco Nazionale dell’Alta Murgia), 3 Aree Marine Protette (Torre Guaceto, Isole Tremiti e Porto Cesareo), 16 Riserve Naturali dello Stato, oltre a un sistema di 18 aree protette regionali.

Itinerario Garganico

Dal punto di vista naturalistico il Gargano (lo Sperone d’Italia), promontorio di circa 2.000 km2 , cinto da ripide scarpate e localizzato tra il mar Adriatico e la piana del Tavoliere delle Puglie, rappresenta un luogo caratterizzato da elevata biodiversità, per la presenza di numerosi ambienti che vanno dalla fascia costiera (con estesi ed incontaminati cordoni dunari, bianche falesie a picco sul mare, e intime calette basse), alle colline e alle montagne più interne, con la presenza di boschi (è la zona più boscosa della Puglia), laghi (Lesina, Varano, Lago Salso), corsi d’acqua, cutini nelle zone interne, pascoli e steppe. L’intervallo altimetrico tra la linea di costa e il monte Calvo presso San Giovanni Rotondo è di 1.055 m s.l.m.; il substrato geologico è prevalentemente calcareo; l’idrografia è principalmente costituita da corsi d’acqua a carattere torrentizio che percorrono valli profonde, delimitate da pareti rocciose scoscese. Nella maggior parte dei casi, questi corsi d’acqua giungono al mare, ma sul versante settentrionale si riscontra una serie di canali, spesso risultanti da opere di bonifica, il cui flusso idrico concorre ad alimentare i laghi di Lesina e di Varano. La scarsità di corpi idrici interni è un indizio della natura fortemente carsica del territorio. Infatti, la maggior parte dell’acqua piovana si disperde nel sottosuolo. Le grotte rappresentano vie di transito di flussi idrici e materializzano punti di contatto tra il sistema idrico superficiale e quello sotterraneo. Un fenomeno carsico di superficie molto diffuso sul promontorio è rappresentato dalle doline, enormi imbuti nel terreno residui di antiche grotte le cui volte sono crollate e che in diversi casi accolgono specchi d’acqua più o meno permanente (cutino). La maggior parte della costa è rocciosa ed elevata. Non mancano comunque gli arenili, diffusi soprattutto sul versante settentrionale (come Lago di Lesina, San Menaio). Il notevole sviluppo della costa, l’asperità del territorio, l’isolamento biogeografico, sono fattori che hanno influito ed influiscono enormemente sulle peculiarità naturalistiche del Gargano. La copertura boschiva e di macchia mediterranea è di oltre 39.000 ettari, il 18% dell’intero territorio garganico. È questo un dato significativo ed atipico rispetto alla Puglia, che ha una copertura arborea complessiva pari a solo il 5% dell’intera superficie regionale. Non solo l’estensione complessiva, ma anche la ricchezza delle tipologie boschive sono degne di nota. Sui versanti costieri meridionale ed orientale prevalgono le pinete a pino d’Aleppo. Procedendo verso l’interno e salendo progressivamente di quota, si incontrano i boschi di leccio, di quercia virgiliana, di cerro e di faggio (Foresta Umbra). Più rari, sparsi qua e là in piccole aree, sono i boschi a carpino bianco (Bosco Quarto presso Monte S. Angelo) e carpino orientale. L’ambiente rupestre, così diffuso sul Gargano, accoglie comunità vegetali che in primavera ed estate fanno mostra di sè con splendide fioriture. La Campanula del Gargano, l’Enula candida, la Stellina del Gargano e la Vedovina di Dallaporta sono specie che si rinvengono in questo ambiente, dai cui nomi si capisce la peculiarità e la distribuzione geografica di queste specie, endemiche del Gargano o transadriatiche. E l’ambiente di pascolo, al confronto con quello rupestre, non è da meno; esso è ricco di specie dalle fioriture spettacolari, come il Giaggiolo del Gargano e numerosissime specie di orchidee.

L’area marina protetta delle Tremiti



L’Area Marina Protetta delle Isole Tremiti, istituita con Decreto Ministeriale 14/07/1989, interessa il tratto di mare prossimo all’arcipelago, si estende per 1.466 ettari e rappresenta un compendio di bellezza sia per la natura incontaminata dei suoi fondali sia per gli aspetti paesaggistici e storico-architettonici presenti soprattutto sulle due isole più grandi. Per la loro incantevole ed incontaminata bellezza sono definite “le perle dell’Adriatico”. L’arcipelago delle Tremiti dista 13 miglia circa a nord del promontorio garganico, è costituito dalle isole di San Domino (la più grande), San Nicola, Capraia, Pianosa, la più lontana, a circa 11 miglia dalle altre, e dalla piccola isola denominata il Cretaccio. Le coste si elevano per alcune decine di metri sul mare. Diverse sono le grotte che si aprono in corrispondenza della costa, tra cui la Grotta delle Viole e quella del Bue Marino, visitabili in imbarcazione. I fondali dell’arcipelago includono habitat rilevanti come coralligeno e precoralligeno, su cui si insediano numerose specie vegetali ed animali tra cui poriferi, cnidari (in particolare gorgoniacei e madreporari), policheti, bivalvi, echinodermi, tunicati. Anche la Posidonia oceanica è presente all’interno dell’arcipelago, unitamente alla Cymodocea nodosa, presente in una delle sue zone B, due fanerogame di estrema importanza nel Mediterraneo. Nell’arcipelago delle Tremiti, la frangia a Cystoseira (soprattutto Cystoseira amentacea) raggiunge percentuali di copertura molto elevate, soprattutto a Pianosa; la presenza di quest’alga ha come conseguenza un aumento locale della biodiversità. Un’altra presenza estremamente importante è quella di Cladocora caespitosa, una madrepora coloniale che rappresenta il più grosso fra i madreporari del Mediterraneo, che cresce su fondali rocciosi o detritici a partire da pochi metri di profondità e può formare dei cuscinetti anche di 50 cm di diametro, dai 5 sino a 40 m di profondità. Ai piedi delle scogliere che precipitano fino a 30 metri di profondità, fra gorgonie, spugne di ogni varietà e distese di alghe, trovano il loro habitat naturale orate, saraghi, pagelli, polpi e murene. Nel 1998 la più grande statua di Padre Pio mai realizzata (e che, tra l’ altro, rappresenta la più grande statua sottomarina del mondo) è stata posta a 10 m di profondità vicino alla costa di Capraia. La statua è davvero imponente: 3 metri di altezza, per un peso di 12 quintali più 110 quintali di basamento. L’isola di San Domino è interessata dalla vegetazione arborea a pino d’Aleppo e, nella parte più elevata, anche a leccio. Le altre isole sono caratterizzate dalla presenza di una bassa vegetazione a gariga e a macchia mediterranea in cui si rinviene l’euforbia arborescente, il mirto ed il lentisco. Le Isole Tremiti, come un ponte biogeografico sull’Adriatico, annoverano specie condivise con la Puglia peninsulare e/o con i Balcani (come l’Alisso di Leuca, la Stellina di Stalio, il Limonio delle Tremiti). A San Domino la falesia denominata Ripa dei Falconi è sito riproduttivo del falco pellegrino


, che un tempo qui veniva catturato e addestrato per la falconeria. Ma le presenze più caratteristiche sono quelle delle berte, la maggiore e la minore, che nidificano in colonia nelle grotte marine e negli anfratti. Ogni anno raggiungono le isole al tempo della riproduzione. Di giorno cacciano sul pelo dell’acqua, spesso in branchi che si radunano quando i piccoli pesci vengono spinti in superficie dai tonni. Al tramonto tornano alla colonia e solo con il buio raggiungono i nidi. Nelle notti senza luna emettono caratteristici versi simili ai vagiti dei neonati, che hanno originato leggende. Itinerari subacquei lungo i fondali rocciosi circondano l’isola di San Domino, rappresentativi degli aspetti naturalistici più rilevanti dei fondali dell’isola entro i 30 m di profondità. Chi non ama le attività subacquee resta comunque rapito dalla moltitudine di paesaggi, che vanno dalle coste alte a picco, alle calette, agli scogli, alle pinete, e dalle architetture civili e religiose. Oltre ai resti delle mura e dei torrioni che circondano San Nicola, merita una visita l’abbazia di Santa Maria a Mare, che domina dall’alto l’isola. Fondata dai Benedettini nel 1045 e rimaneggiata nelle epoche successive, conserva all’interno resti di un pregevole pavimento a mosaico di XI-XII secolo e all’esterno due chiostri di epoca medievale e rinascimentale. Abitate sin dalla preistoria, come testimonia il villaggio neolitico di Prato Don Michele, sull’isola di San Domino, le isole Tremiti rappresentarono in età romana un importante scalo commerciale a carattere regionale, come attestato dai numerosi relitti di navi mercantili individuate. Tra questi, degno di nota è il Relitto “A” detto delle “3 Senghe”, posto a 60 metri dalla costa e ad una profondità di -24 metri. Probabilmente le cattive condizioni del mare determinarono l’affondamento dell’imbarcazione alla fine del II - inizi del I secolo a.C. La nave, lunga 20/24 metri e larga 5, trasportava circa 900 anfore, disposte su 3 livelli, che contenevano vino, come dimostrano le tracce di pece presenti sulle pareti interne. È possibile inoltre visitare il relitto medievale delle “Senghe B”, in località Punta del Diavolo (Cala degli Inglesi), posto a -24 metri di profondità. Si tratta di una nave con carico di blocchi in pietra, lastre e colonne. Presso l’Isola di San Domino Cala degli Inglesi, Punta Vuccolo, infine, è visitabile il relitto del piroscafo “Lombardo”, varato a Venezia il 1 maggio 1841 e utilizzato per trasportare i volontari di Garibaldi a Marsala l’11 maggio del 1860.

 

Come raggiungere le Isole Tremiti

Via mare: tramite traghetti e aliscafi dai porti di: Termoli (tutto l’anno), Manfredonia, Vieste, Peschici, Rodi Garganico, Vasto, Ortona, Pescara.

Via terra: mediante collegamento tra Foggia (aeroporto Gino Lisa) e l’eliporto di san Domino (Isole Tremiti). Info: 199.24.03.02


 

Cosa si può fare nell’area protetta

 

Centro visite Escursioni in barca. Nell’Isola di San Domino, all’interno del Centro Polifunzionale, vi è un modernissimo centro di informazione e di sensibilizzazione oltre che luogo dove svolgere attività di educazione ambientale. Qui si possono ricevere informazioni complete su tutto il sistema turistico del Gargano e sulle emergenze naturalistiche, storico-culturali delle Isole Tremiti; un maxi schermo che permette la visione di filmati inerenti le Isole Tremiti, la Riserva Marina e i suoi abitanti marini; un info-webpoint, che permette all’utenza la navigazione nel sistema turistico del Parco del Gargano, la creazione d’itinerari personalizzati, l’informazione sulle strutture ricettive, sugli eventi organizzati; una serie di pannelli informativi che forniscono notizie più dettagliate sugli habitat e le specie marine e terrestri delle Isole.

 


Escursioni naturalistiche Presso l’isola di San Domino. è presente un sentiero  perimetrale di tutta l’isola da cui si dipartono brevi sentieri, che immersi nella pineta e nella tipica macchia mediterranea, conducono sino alle calette più belle dell’Isola o a incantevoli scorci panoramici. Presso l’isola di San Nicola, un sentiero immerso nella gariga, attraversando la Tagliata, raggiunge una vasta area denominata pianoro di San Nicola che custodisce importanti testimonianze archeologiche, come la famosa tomba comunemente ritenuta di Diomede e una Domus romana e il cimitero libico. Durate il periodo primaverile è possibile andare alla scoperta di splendide orchidee selvatiche che fanno della Puglia e del Gargano in modo particolare, un punto di forza del turismo naturalistico.

 

Attività subacquee. Diving specializzati accompagnano i subacquei ad ammirare gli splendidi fondali, ricchi di colori e di numerose forme di vita. Le Isole Tremiti sono uno dei gioielli più  preziosi di tutto il Mediterraneo, un vero e proprio paradiso naturalistico per gli amanti del mare, ricche di siti di immersioni (circa 40) per ogni gusto (in parete, su secche, su relitti, in grotte, ecc) e per ogni livello di preparazione (da semplici a molto impegnative), con la possibilità di osservare numerosissime specie di pesci, crostacei e molluschi nonchè le splendide e coloratissime pareti ricoperte da axinelle, crinoidi, spirografi, gorgonie, coralli.

 

Charter Nautico. Aziende specializzate offrono una vasta gamma di imbarcazione che permetteranno di apprezzare, in tutta la loro bellezza, le tante calette e grotte e di fare bagni in luoghi solitari e unici. A bordo di una imbarcazione si potrà gustare a pieno l’aspetto selvaggio e tranquillo di queste splendide Isole.

 

Escursioni in barca. Escursioni a bordo di imbarcazioni adibite al trasporto dei turisti, sia lungo il periplo dell’Isola di San Domino per ammirare la sua costa, un piccolo museo di creazioni nate grazie all’opera erosiva del mare e del vento (calette, architelli, grotte, pagliai, vere e proprie sculture rocciose, ecc) sia per raggiungere tutte le isole dell’arcipelago delle Tremiti (San Nicola, Cretaccio e Caprara), con la possibilità di soste per consentire bagni indimenticabili.

 

Bird Whatching. Le Isole Tremiti, per la loro posizione strategia al centro dell’Adriatico, assolvono alla funzione di riposo e sosta di numerose specie di uccelli migranti in direzione Nord-Est in primavera e in direzione Sud-Ovest in autunno. In estate al tramonto è possibile udire il famoso canto delle berte.

NEI DINTORNI DELL’AREA PROTETTA

Itinerario Storico-Archeologico

Le Tremiti sono le antichissime isole Diomedee, la cui storia è, secondo la leggenda, legata al mito dell’eroe greco Diomede re di Argo. Spostandosi sulla costa, da Peschici fino al lido di Siponto, si ripercorrono le tappe più significative della storia dei popoli che occuparono intensamente le cavità naturali e le baie affacciate sul mare, attraverso il quale transitavano genti, idee e merci. Il promontorio garganico, proteso verso il mare, già a partire dal Paleolitico fu abitato da piccoli gruppi di cacciatori che trovarono riparo nelle numerose grotte del litorale e sfruttarono i giacimenti di selce per ricavare utensili e strumenti. Durante l’Età del Bronzo (II millennio), l’area costiera tra Vieste e Peschici fu occupata da popolazioni che vivevano in villaggi capannicoli e commerciavano con il Mediterraneo orientale. Ne è testimonianza il Grottone di Manaccora, ampia cavità naturale visitabile nell’omonima baia, che conserva tracce delle attività artigianali e dell’utilizzo funerario nei numerosi anfratti che si aprono lungo le pareti. Tra IX e VIII secolo nacque la civiltà dauna, i cui insediamenti si svilupparono in prossimità dei fiumi e del mare. Di essi sono note solo le tombe, semplici fosse scavate nella roccia (come quelle di Monte Tabor, Monte Civita e Monte Saraceno). La massima espressione della civiltà dauna è rappresentata dalle stele, lastre rettangolari in pietra calcarea, incise su entrambi i lati con scene di vita quotidiana ed utilizzate, forse, come segnacoli tombali (conservate presso il museo  Nazionale di Manfredonia). Per tutta l’età romana le vallate costiere del territorio garganico furono occupate da fattorie e da ville residenziali, a volte di grandi dimensioni e finemente decorate, appartenenti a ricchi proprietari dediti soprattutto alla produzione olearia: testimonianza di questa fase sono i resti delle ville di Santa Maria di Merino, adiacente all’omonimo santuario presso Vieste e la villa di Agnuli vicino al porto di Mattinata. Restando a Vieste una passeggiata nell’oasi archeologico-naturalistica del WWF La Salata, prossima al mare e ad un piccolo corso d’acqua, consente di visitare i resti di uno dei complessi funerari ipogeici in cui i cristiani dei primi secoli seppellivano i defunti. La necropoli è composta da cinque ipogei e da circa ottanta loculi scavati in una parete di roccia alta 50 metri. L’oasi costituisce un habitat ideale per una ricca vegetazione e per diverse specie, anfibi, rettili, barbagianni e ghiandaie. Percorrendo la costa fino al più importante porto commerciale del territorio, Manfredonia, si può visitare il Museo Nazionale Archeologico, all’interno del castello svevo-angioino. Il percorso espositivo consente un excursus sulla storia del territorio ed un’approfondita conoscenza delle originali testimonianze della cultura dauna, le steli. Una sezione dedicata all’archeologia subacquea offre un’introduzione generale alle metodologie e alle tecniche di ricerca e illustra le scoperte effettuate lungo il litorale della Daunia.

Nel lapidario sono esposti materiali provenienti dal Parco Archeologico di Siponto, ultima tapp  a di questo itinerario. La colonia romana, fondata nel 194 a.C., fu per secoli un importante porto commerciale per le transazioni di cereali che dalle proprietà terriere del Tavoliere venivano esportate anche sull’altra sponda dell’Adriatico. Il sito archeologico conserva una parte della cinta muraria risalente all’inizio del II secolo a.C., tracce degli edifici pubblici, la basilica paleocristiana con pavimenti a mosaico e la vasta necropoli sviluppatasi intorno all’edificio. Fanno parte del parco anche diversi ipogei funerari di età paleocristiana e la maestosa chiesa romanica di Santa Maria, nella cui cripta si conservano i resti del battistero.

Itinerario Naturalistico

Una strada panoramica percorre il perimetro del promontorio garganico, toccando i centri di Manfredonia, Mattinata, Vieste, Peschici, Rodi Garganico, Cagnano Varano e Sannicandro Garganico. Essa rappresenta l’ossatura della viabilità del Gargano: serve tutte le località costiere e consente in diversi punti l’accesso alle aree interne del promontorio. Il Parco Nazionale del Gargano è stato istituito nel 1991. Esso ha una superficie complessiva di circa 121.000 ettari e comprende le Isole  Tremiti ed un’ampia porzione del promontorio garganico. Tra le altre aree protette presenti sul territorio, i cui limiti non coincidono esattamente con quelli del Parco Nazionale, si  citano: I Laghi di Lesina e di Varano Il Lago di Lesina è una laguna d’acqua salmastra con una profondità massima che non supera i 2 m, separata dal mare da un cordone dunare (Bosco Isola). Essa prende il nome dell’omonimo paese posizionato sulla sponda sud-occidentale, facilmente raggiungibile dall’autostrada A14. La duna di Bosco Isola è un biotopo molto interessante per la presenza di una vegetazione arborea ed arbustiva importante dal punto di vista conservazionistico: il bosco di leccio, la macchia litoranea a ginepri, la gariga a rosmarino, ad erica, a cisti e quella a fumana vischiosa ed eliantemo jonico. È inoltre presente la pineta a pino d’Aleppo, che è il risultato di un’operazione di impianto. Di rilievo è la presenza del Cisto di Clusius, che si contraddistingue dagli altri cisti dalle foglie simili a quelle del rosmarino; il Bosco Isola è la stazione più orientale dell’areale di distribuzione di questa specie, localmente presente in pochissimi nuclei e fortemente minacciata di estinzione. Il Lago di Varano, il più grande lago dell’Italia meridionale, è separato dal mare da una striscia di terra (Isola). Le acque del lago hanno una profondità massima di 5 m, mediamente superiore rispetto a quella del Lago di Lesina. L’Isola è percorsa interamente da una strada, lungo la quale si sviluppa un insediamento urbano che offre servizi di ristorazione, pernottamento e camping. Nelle aree periferiche della laguna, molti suoli sono soggetti all’oscillazione del livello idrico e si presentano asciutti in estate ed inondati in inverno. Tra le diverse comunità vegetali che qui si insediano si citano quella costituita da specie annuali crassulente come la Granata irsuta e la Salicornia europea. La prima è una specie ritenuta a rischio di estinzione in Italia; la seconda viene raccolta, messa in conserva e consumata dagli abitanti locali. Rilevante è la fauna ittica presente nei due laghi, sfruttata a scopo alimentare, in particolare l’anguilla. La pesca delle anguille è condotta a bordo di pittoresche imbarcazioni denominate sandali. Ma è l’avifauna acquatica quella di maggiore interesse naturalistico con specie tipiche di questo ambiente: folaghe, svassi, tuffetti ed anatidi quali moriglioni, morette, alzavole e germani. Nei canneti, che cingono alcuni tratti del sistema lagunare, vivono comunità di passeriformi tra cui il cannareccione, la cannaiola ed il forapaglia. Al tramonto i canneti sono raggiunti da migliaia di uccelli per trascorrervi la notte: rondini e storni, ad esempio. Tra i rettili è significativa la presenza della testuggine di terra che vive nelle aree arbustive limitrofe ai laghi.

La Foresta Umbra è localizzata ad una quota intorno agli 800 m s.l.m. Il termine Umbra significa “ombroso”, per la folta vegetazione arborea. In effetti, elemento caratteristico e costante della Riserva è proprio il bosco, in buona parte rappresentato dalla faggeta. Nel sottobosco si rinvengono numerose specie erbacee a fioritura primaverile, come il bucaneve, l’anemone dell’Appennino, l’aglio orsino ed il ciclamino primaverile. Le tipologie boschive della Foresta Umbra non si esauriscono alla faggeta. Sono presenti, infatti, boschi di cerro, di leccio, di tasso, di farnetto, di alloro e tiglio, in quest’ultimo caso limitatamente agli ambienti di forra. Sono questi gli unici contesti ambientali a livello regionale in cui sono sopravvissute specie di eccellenza della fauna stanziale italiana quali il capriolo italico, il gatto selvatico e il lupo, tra i mammiferi. Tra gli uccelli, il gufo reale, cinque specie di picchi (il verde, il rosso maggiore, il rosso minore, il rosso mezzano e il dorso bianco) e rapaci come il lanario e il biancone. Tra i rettili è significativa la presenza del cervone, del colubro liscio e della testuggine di Hermann. Il capriolo, importante endemismo italiano presente allo stato selvatico unicamente in alcune aree di Puglia, Calabria e Lazio. Per la conservazione di questa specie sono in atto importanti progetti finalizzati alla salvaguardia dei “preziosi” nuclei sopravvissuti e al tentativo di ripopolare aree in cui un tempo è stata presente.

Le Saline di Margherita di Savoia Sono le saline più grandi d’Italia (4500 ettari). Sono state costruite dall’uomo, dalla trasformazione del lago Salpi, un bacino costiero di acque salmastre e stagnanti da cui prendeva il nome l’antica Salapia, città lagunare dauna. La raccolta del sale è iniziata in quest’area già  intorno al III secolo a.C.: Plinio il Vecchio parla di questa raccolta del sale che si accumulava naturalmente. L’area fu terreno di caccia dell’imperatore Federico II, citata nell’opera “De arte venandi cum avibus”. L’assetto attuale fu dato nel 1900 attraverso il completamento di opere di bonifica iniziate dai Borboni. Tutt’oggi in uso, vengono prodotti annualmente 5-6 milioni di quintali di sale, estratti con l’antico metodo dell’evaporazione solare. Èun sistema di vasche in cui l’acqua marina entra attraverso canali e, passando dalle vasche “evaporanti” a quelle “salanti”, raggiunge concentrazioni di sale fino a 300 chilogrammi per metro cubo d’acqua. L’acqua marina che annualmente alimenta il sistema si aggira in media intorno ai 30 milioni di metri cubi. In questo luogo di straordinario valore naturalistico, Riserva Naturale dello Stato, Zona Umida d’Importanza Internazionale, si tenta di trovare un compromesso sostenibile tra gli aspetti economico-produttivi e quelli ambientali. La presenza del sale condiziona fortemente la presenza di ogni forma di vita. L’habitat prevalente è il salicornieto. Le presenze faunistiche di maggiore rilievo sono quelle ornitiche, di specie legate ad ambienti acquatici. L’avifauna è abbondantissima in ogni stagione. In inverno gli anatidi (come fischioni e volpoche) frequentano le vasche della salina. In periodo riproduttivo prevalgono specie quali il fenicottero e il gabbiano roseo, che formano consistenti colonie sulle isole che originano dall’erosione degli argini dei bacini. Questi vengono di tanto in tanto ricostruiti e ciò che resta dei vecchi viene lasciato a formare preziosi siti riproduttivi per gli uccelli che nidificando al suolo e che quindi, sulle isole, sono più al sicuro dai predatori terrestri. Al margine della vegetazione nidifica l’avocetta e il cavaliere d’Italia. In periodo migratorio sono numerosissimi i limicoli, tra cui il piovanello pancianera e il gambecchio, che raggiungono concentrazioni di migliaia di individui.

                           Tradizioni popolari

Ogni 15 agosto si svolge la consueta e tradizionale processione a mare della Patrone delle Isole  Tremiti, Santa Maria a Mare, la Madonnina dell’arcipelago Pugliese, un rito suggestivo ed emozionante che attrae e incanta tanti visitatori. Numerosi, ogni anno, gli isolani e i turisti che assistono alla celebrazione religiosa via mare: le imbarcazioni partono dalla banchina di San Domino stracolmi di fedeli e raggiungono il molo di San Nicola dove sopraggiunge la statua della Madonna partita dalla chiesa della storica fortezza. Viene, quindi posta a bordo di una imbarcazione allestita a festa, dove salgono anche tutte le autorità. Il corteo di imbarcazioni fa poi rotta verso Cala dei Turchi per ascoltare la messa e per la deposizione in mare della tradizionale corona di fiori. Quindi si fa ritorno sulle isole dove comincia la festa con spettacoli, manifestazioni e magnifici fuochi pirotecnici.

Ricette tradizioni Tremiti e Gargano

La gastronomia garganica, caratterizzata dalla riscoperta di prelibate rarità come il grano arso, è fatta di ingredienti semplici e genuini combinati in prodotti dal sapore intenso. La tradizione culinaria costiera è una variazione di quella dell’entroterra, arricchita dalla varietà di pesci dei fondali pescosi del Gargano e delle Tremiti.

 

Ragù di palamite Il ragù di palamite si prepara con palamite fresco. Spinare il palamite e tritare o con macchina adatta o con coltello prèposto, mettere a soffriggere una cipolla tritata con olio extra vergine di oliva senza farla bruciare quindi a fuoco lento, aggiungere il Palamite tritato dopo pochi minuti, farlo saltare, aggiungere un bicchiere di vino bianco da far evaporare con fiamma più forte. Aggiungere quindi la salsa di pomodoro in misura ridotta per la quantità di palamite, sale e prezzemolo a fine cottura. Da far cuocere a fuoco lento. Il ragù per condire i diversi tipi di pasta è pronto!

 

Minestra di anguilla Ingredienti: 8 etti di anguille di Lesina, 2-3 patate, 2 pomodori, mezza melanzana, una zucchina, mezzo peperone, una piccola cipolla, una costa di sedano, un ciuffo di cicoria di campo, una manciata di cime di rapa, fette di pane casereccio, olio extravergine di oliva, sale, peperoncino piccante. Tempo di preparazione e cottura: un’ora. Mondate e lavate le  verdure. Scottate la cicoria in acqua bollente e tagliate tutto il resto a pezzettoni. Eviscerate le anguille, eliminate testa e coda, diliscatele e tagliatele a tranci di tre-quattro centimetri. Tuffatele in due litri di acqua salata e portate a ebollizione. Schiumate e aggiungete la cicoria strizzata, le cime di rapa e tutte le altre verdure, nonché quanto peperoncino desiderate. Cuocete per una ventina di minuti, aggiustando di sale. Servite la minestra, condita con extravergine crudo, in piatti fondi in cui avrete sistemato crostini di pane. Era il cibo quotidiano dei pescatori che, un tempo, facevano per mesi la posta alle anguille intorno al lago, costruendo pagliai dove restavano giorno e notte in attesa che si riempissero le speciali trappole. Durante questi lunghi soggiorni i pescatori cucinavano le anguille con le erbe selvatiche che crescevano sulle rive del lago.

 

 

 

 

 

 

Itinerario Adriatico

L’area marina protetta di Torre Guaceto

Le prime azioni a tutela di Torre Guaceto ri - salgono al 1991, con l’istituzione dell’Area Marina protetta per una superficie complessiva pro - tetta di 2.227 ha e 8,41 km di costa; nel 2000 viene istituita la Riserva Naturale Statale, 1.100 ettari di territorio caratterizzato da un mosaico complesso di ambienti naturali e agricoli dalla sorprendente biodiversità. Tre sono gli ambienti naturali più importanti della Riserva: il litorale, la macchia mediterranea e la zona umida. Sulla sabbia depone le uova il fratino, uccello limicolo di piccole dimensioni; le uova hanno il colore della sabbia, vengono sistemate in una depressione e mimetizzate con conchiglie e foglie di posidonia. Sono tante le specie che frequentano questo ambiente nei mesi dell’anno, per ricercare il cibo o per riposare durante la migrazione. Tra tutti la più caratteristica è la beccaccia di mare, dal lungo e colorato becco. Lungo tutta la linea di costa della Riserva, gli arenili di sabbia si alternano a brevi tratti di scogliera; tra le vaschette riempite d’acqua salata e frequentate dai granchi, il finocchio marino, la salicornia ed il limonio pugliese fronteggiano il mare. Dietro la duna numerose specie di arbusti sempreverdi crescono a stretto contatto l’uno con l’altro e si addensano a costituire le comunità di macchia mediterranea e di gariga. Le specie sono adattate a contrastare il caldo e la siccità dell’estate: il lentisco, l’alaterno, l’asparago pungente, il timo arbustivo, il rosmarino, il mirto. Tra gli animali che frequentano l’ambiente della macchia si menziona il tasso, un mammifero assai raro e schivo, la luscengola ed il ramarro . Dietro la duna, dove la falda acquifera affiora, la cannuccia domina incontrastata. Insieme ad essa poche altre specie, come la campanella, che utilizza i fusti della cannuccia come tutori su cui arrampicarsi per esporre al cielo i suoi grandi fiori bianchi. Gli animali più frequenti ed appariscenti sono gli uccelli. Alcuni trascorrono tutta la vita in questo habitat, come il tarabuso, altri, come gli storni e le rondini, lo utilizzano solo di notte per riposare. Altri uccelli palustri, come la folaga ed il tuffetto, costruiscono grandi nidi galleggianti ancorati alle piante. Là dove la salinità dell’acqua è meno elevata vivono anche anfibi e rettili tra cui la testuggine d’acqua . Nel mare di Torre Guaceto la diversità degli ambienti sommersi e le numerose specie di pregio naturalistico hanno determinato l’inserimento dell’Area Marina Protetta di Torre Guaceto all’interno della Lista delle Aree Specialmente Protette del Mediterraneo per la conservazione della Biodiversità. Torre Guaceto può essere apprezzata attraverso una passeggiata con maschere e pinne, i primi metri sotto la superficie dell’acqua sono popolati da un “manto erboso”, costituito da diverse specie di alghe che offrono riparo e fonte di cibo ad una complessa comunità di organismi. Un’attenta esplorazione lungo la costa rocciosa sommersa dà la possibilità di osservare numerose tane dove trovano riparo pesci appartenenti alla famiglia degli Sparidi tra cui saraghi e occhiate. Molto curiosi sono i comuni Serranidi come lo sciarrano e la perchia o i Labridi come le donzelle comuni e le donzelle pavonine, che fanno capolino tra le rocce interessati dal visitatore. In questo basso tratto di fondale il paesaggio è colorato da svariati Antozoi tra cui il pomodoro di mare e dal madreporario Cladocora caespitosa, che rappresenta il più grande dei madreporari mediterranei, dalla caratteristica forma a cuscino di fiori. Scendendo ulteriormente di profondità, Torre Guaceto offre gli ambienti più spettacolari della Riserva, ossia le Praterie di Posidonia oceanica e il Coralligeno. I posidonieti sono ricchi di numerosissime specie, tra cui il più grande mollusco bivalve mediterraneo, la Pinna nobile e gli Antozoi quali l’anemone dorato . Al confine delle praterie si estende un altro degli habitat più importanti e spettacolari del Mediterraneo: il Coralligeno, caratterizzata dal - la presenza di gorgonie, quali le Eunicella cavolinii e E. singularis, dall’esile struttura ramificata, di briozoi quali il Falso Corallo e la fragile Trina di mare, di antozoi come il Parazoanthus axinellae, di spugne, quali le grandi Axinelle . L’area della Riserva ha conservato tracce della presenza umana che vanno indietro nel tempo fino al II millennio a.C. Infatti durante l’età del Bronzo sul promontorio di Torre Guaceto e sui due Scogli di Apani sorgevano villaggi difesi da mura e costituiti da capanne realizzate con elementi lignei e vegetali, le cui pareti erano coperte da intonaco d’argilla. Poche tracce sono riferibili alla presenza di abitati in età messapica (metà VII- metà III sec. a.C.), mentre dopo la conquista romana quest’area costiera e gli isolotti prossimi alla costa furono densamente abitati, come dimostrano i ritrovamenti di materiali ceramici: la Via Appia Traiana, che correva immediatamente a monte dell’attuale area paludosa, determinò l’inserimento dell’area di Torre Guaceto nella rete di traffici e commerci che collegavano le ville e gli insediamenti rurali dell’interno con i grandi complessi produttivi costieri (come le fornaci individuate ad Apani). Per tutta l’età romana e fino al V-VI secolo l’a - rea rappresentò un approdo importante, come dimostrano i resti della torre-faro presenti sul terzo isolotto e un relitto coevo affondato nelle acque antistanti.

 

 

 

Come raggiungere la RISERVA

In auto: il Centro Visite dalla SS 379 Lecce - Bari uscita Serranova e proseguire per Serranova; la Riserva dalla SS 379 Lecce - Bari uscita Torre Guaceto-Punta Penna Grossa e prendere complanare lato mare, fino al parcheggio di Punta Penna Grossa. In treno: la Riserva dista 20 km dalla stazione ferroviaria di Brindisi e 8 km da quella di Carovigno. In aereo: a Riserva dista 15 km dall’aeroporto di Brindisi.

 

 

Cosa si può fare nell’area protetta

 

Riserva è il centro visite AL GAWSIT, situato nella Borgata di Serranova, poco oltre i confini della Riserva. Questo spazio mette a disposizione dei visitatori materiali e informazioni utili per la conoscenza dell’area ed inoltre gode di spazi dedicati a mostre tematiche, video informativi, materiali e libri da consultare oltre che un piccolo bar/ mercatino bio. I visitatori attraverseranno virtualmente gli ambienti dell’area protetta e conoscerne i segreti più affascinanti, da quelli del canneto, ai colori e alle creature dei fondali nella sala degli acquari tra ricostruzioni, video e riproduzioni; potranno viaggiare nel tempo e ripercorrere la storia della Riserva. Nel centro visite è anche possibile noleggiare biciclette e acquistare gadget ricordo della Riserva.

 

Laboratori per Bambini ed Eventi Serali Nel periodo estivo sulle spiagge si svolgono laboratori tematici per bambini e un interessante programma di eventi serali. I laboratori per bambini rappresentano proposte multidisciplinari di incontro con la natura e la scienza attraverso i linguaggi diversi dell’arte, del teatro, della musica e dell’astronomia. Le sere della Riserva diventano lo scenario naturale degli eventi culturali di Torre Guaceto, che propone ogni anno un calendario di appuntamenti suggestivi e affascinanti tra racconti sospesi fra la terra e il mare.

 

A piedi, in bicicletta, con maschera e pinne a vela e in… trenino La passeggiata in bicicletta porta a scoprire gli angoli più intimi della Riserva, tra oliveti secolari, masserie e case coloniche, pedalando tra degustazioni e incontri di campagna. Le escursioni a piedi attraversano la Riserva con un cammino accessibile a tutti, che va dalla zona umida all’antica torre fino alla macchia mediterranea, ricca di miti e leggende. Per esplorare i fondali della Riserva è possibile partecipare alle attività di snorkeling: a pelo d’acqua con maschera e pinne per scoprire un angolo di Adriatico incontaminato. I più esperti con l’ausilio di autorespiratori potranno essere accompagnati da guide subacquee autorizzate. Per gli amanti della vela si organizzano stage di avvicinamento alla Vela e corsi residenziali e non articolati su più livelli, per imparare a condurre derive, catamarani, windsurf e kite surf. Nei mesi estivi è inoltre a disposizione un’ulteriore modalità di visita guidata con un trenino elettrico, che all’imbrunire di ogni giornata d’estate parte dalla spiaggia di Punta Penna Grossa per raggiungere il promontorio della torre e i luoghi più significativi e interni della Riserva.

 

NEI DINTORNI DELL’AREA PROTETTA

Itinerario Storico Archeologico


L’itinerario conduce alla scoperta della storia millenaria di questa “terra degli ulivi” seguendo idealmente il percorso dell’acqua che, dalle ultime propaggini murgiane, attraverso le lame, scorre fino al mare. Il percorso racconta delle comunità che vissero in queste terre fertili e ricche di acque, sfruttando i ripari naturali, le pianeggianti coste e che viaggiarono con le merci e le idee lungo il pescoso Adriatico. Il nostro percorso parte dal parco archeologico di S. Maria di Agnano, alla periferia della “città bianca” Ostuni. In un suggestivo paesaggio di ulivi monumentali si può  visitare una grotta che già nel Paleolitico Superiore (25.000-10.000 anni fa) fu frequentata, come riparo e luogo di culto, da cacciatori che vi seppellirono una giovane donna incinta, rinvenuta dagli archeologi in un eccezionale stato di conservazione. Nella cavità, a partire dal VI secolo a.C., si svolgevano culti dedicati ad una dea; poi, con una significativa continuità d’uso, nel XIV secolo sul sito sorse una chiesa dedicata alla Vergine e agli inizi del 1600 una cappella tuttora visibile. Le grotte continuarono ad essere occupate per secoli: lungo le lame infatti non mancavano terre fertili, acqua e una roccia tufacea tenera, facile da scavare e lavorare per ricavarne semplici ripari e complessi edifici. Il Parco Rupestre di Lama d’Antico, San Giovanni e San Lorenzo è uno dei più estesi insediamenti rupestri pugliesi, utilizzato sin dalla preistoria. Nel Parco si conservano abitazioni, ambienti artigianali, ricoveri per animali e tre chiese quasi totalmente scavate nel tufo  e decorate con affreschi databili a XI-XII secolo. Posta al limite tra Peucezia e Messapia, esposta a influenze culturali provenienti da terra e da mare, Egnazia fu per secoli (dai primi insediamenti di XVI secolo all’occupazione sporadica di età medievale) un centro portuale e viario di grande importanza. Si possono visitare i resti della città, passeggiando in un suggestivo parco, tra abitazioni, complessi produttivi ed edifici pubblici posti lungo il tratto della via Traiana che, riprendendo una precedente strada, attraversava la città e collegava Roma a Brindisi (una mostra permanente presso il contiguo Museo Archeologico Nazionale ha per tema la Via Traiana). Pur non essendo ancora nota l’ubicazione del porto di Egnazia, è possibile attribuire le numerose strutture sommerse, visibili al largo dell’insenatura a nord dell’acropoli, a probabili moli per l’ancoraggio delle navi. Su un fondale spianato e sabbioso, a circa 6 metri di profondità, il visitatore può ammirare due muri parallelepipedi realizzati in opus caementicium (pietre, calce e pozzolana), rivestiti con la tecnica a reticolato, databili tra la fine dell’età repubblicana e l’inizio dell’età imperiale (I a.C.-I d.C.). Nei dintorni della baia, non è raro imbattersi in discariche di materiali di natura portuale, che il moto ondoso e le correnti riportano periodicamente alla luce. Il percorso nell’antica Brundisium può iniziare dalle Colonne Romane, poste nel punto in cui finiva la via Appia che per secoli collegò Roma con il porto, simbolo della città e della sua vocazione di ponte culturale verso l’Oriente. È stata allestita anche una mostra permanente sul monumento presso la Sala della Colonna, nel palazzo Granafei-Nervagna. La visita al MAPRI, il Museo Archeologico Provinciale, organizzato in diverse sezioni tra cui una relativa ai ritrovamenti subacquei, consente di avere un quadro di insieme dell’evoluzione storica della città e del suo territorio. La storia di Brundisium in età romana è invece direttamente leggibile tra i palazzi del centro storico, nei pavimenti a mosaico visibili in Via Casimiro e visitando l’area archeologica di San Pietro degli Schiavoni (conservata al di sotto del teatro Verdi), un’insula romana con edifici pubblici e privati anche con mosaici, ambienti termali e tratti di basolato stradale. Resti di un’abitazione di età romana si conservano a poca distanza, presso il Tempio di San Giovanni al Sepolcro, interessante edificio a pianta circolare di XI secolo.

 

Itinerario Naturalistico

Oltre alla Riserva Naturale Statale di Torre  Guaceto, le altre aree naturali protette presenti nella zona sono localizzate principalmente lungo la costa. Procedendo da nord verso sud troviamo i Parchi Naturali Regionali: Dune Costiere da Torre Canne a Torre San Leonardo, Salina di Punta della Contessa e Bosco e Paludi di Rauccio. Il Parco Naturale Regionale Dune Costiere Da Torre Canne a Torre San Leonardo L’area naturale protetta istituita con L.R. 31/2006, si estende nei territori di Ostuni e Fasano su circa 1.100 ettari, lungo 8 km di costa inoltrandosi verso l’interno tra oliveti millenari ed estesi pascoli. Nell’area protetta sono presenti numerosi habitat, alcuni dei quali considerati prioritari dall’Unione Europea. Dai lunghi cordoni dunali coperti con vegetazione a ginepro (con esemplari monumentali di 500-600 anni) agli stagni retrodunali dove insistono fragili ambienti che ospitano numerosi uccelli migratori. L’area è fruibile con un sistema di sentieri e passarelle sospese tra i bacini di un antico impianto di acquacoltura risalente all’800 dove sono allevati, con metodi biologici, anguille e cefali. Dagli stagni retrodunali, percorrendo una serie di sentieri, si giunge alle dune fossili con pseudosteppa e alle aree agricole con seminativi e oliveti monumentali, dove è possibile visitare masserie storiche del XVI - XVII secolo e frantoi ipogei medievali. Gli oliveti secolari sono intervallati da profonde incisioni carsiche dette “lame” che scorrono fino al mare. Le lame custodiscono al proprio interno una folta e variegata vegetazione spontanea e interessanti insediamenti rupestri bizantini. Il Centro visite, denominato Casa del Parco, è ospitato all’interno della stazione ferroviaria dismessa di Fontevecchia, una piccola stazione di campagna, raggiungibile dall’antica via Traiana.

Una rete escursionistica da percorrere a piedi o in bicicletta tra l’antico tracciato romano e le strade rurali, permette di conoscere tutti gli ambienti del Parco. L’antica Via Traiana, attrezzata con segnaletica, aree di sosta e punti d’informazione per cicloturisti, fa parte della ciclovia Adriatica, uno di percorsi a lunga percorrenza della rete ciclistica nazionale di Bicitalia che da Venezia corre lungo tutto il litorale adriatico fino al capo di Santa Maria di Leuca. Tante le iniziative organizzate nel Parco, tra escursioni, visite guidate ed eventi. Tutte prendono avvio dalla Casa del Parco presso la stazione di Fontevecchia e coinvolgono cicloturisti e cicloescursionisti che giungono in treno con le bici al seguito, nelle vicine stazioni ferroviarie di Ostuni e Cisternino presso Pozzo Faceto. Attraverso un accordo tra Regione Puglia, Trenitalia e Ferrovie Sud Est è infatti possibile trasportare la bici sul treno senza pagare supplemento.

 

Il Centro Visite o Casa del Parco è sito nella ex stazione ferroviaria di Fontevecchia, in Ostuni (Br). Escursioni e visite guidate si effettuano su prenotazione:

info@parcodunecostiere.org www.parcodunecostiere.org

 

COME RAGGIUNGERE IL PARCO La zona umida di Fiume Morelli dalla SS 379 Bari-Lecce uscita Ostuni-Pilone-Rosa Marina, direzione Pilone, prendere complanare lato mare, fino alla zona umida di Fiume Morelli La Casa del Parco In auto: dalla SS 379 Bari-Lecce uscita Ostuni-Pilone-Rosa Marina, direzione Ostuni, seguire le indicazioni per la Casa del Parco – ex stazione di Fontevecchia svoltando a destra per la via Traiana, oppure dalla SP 1 bis (ex SS 16) Ostuni – Fasano svoltare a destra al km 871 per C.da Fontevecchia e seguire le indicazioni per la Casa del Parco – ex stazione di Fontevecchia. In treno: Linea FS Bari-Lecce, dalla stazione di Cisternino lungo la via Traiana fino alla Casa del Parco In aereo: Il Parco dista 40 km dall’aeroporto di Brindisi.

 

Il Parco Naturale Regionale Salina di Punta Della Contessa. Il Parco ha una superficie di 950 ettari è localizzato sulla costa a sud della città di Brindisi. I seminativi caratterizzano il paesaggio dell’entroterra ed occupano l’80% della superficie dell’area naturale protetta. La principale peculiarità dell’area è la presenza di alcuni specchi d’acqua retrodunari che tendono a prosciugarsi in estate (Salina Vecchia e Salinella). La forte oscillazione del livello idrico e del grado di salinità sono i presupposti per l’instaurarsi di comunità vegetali particolari, tra cui si citano quella a erba dei chiozzi spiralata, a lisca marittima, lo spartineto, il giuncheto a giunco foglioso, i salicornieti perenni, le comunità annuali a salicornia annuale, cressa e granata irsuta. Rilevante è la presenza di garighe ad erica pugliese e timelea barbosa. L’area presenta elevati valori naturalistici, come evidenziato dal valore e quantità di specie e di habitat presenti e inseriti nelle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE e negli elenchi del Libro Rosso degli Animali d’Italia. Nel Parco sono segnalate, tra gli uccelli, circa 14 specie nidificanti e molte appartenenti ad altre categorie fenologiche che risultano d’interesse internazionale. Nell’area svernano alcune migliaia di esemplari tra ciconoformi, anseri formi e caradri formi, abbondantissime sono le presenze in periodo migratorio. Tra le specie più comuni: l’airone bianco e l’airone cenerino, il fischione ed il codone. Qui nidifica il cavaliere d’Italia e il fraticello. In inverno è possibile osservare anche il fenicottero e la spatola, il cigno reale e il chiurlo.

 

COME RAGGIUNGERE IL PARCO In auto: dalla SS 379 Lecce-Brindisi-Bari, uscita Brindisi Zona Industriale, si prosegue per la litoranea salentina in direzione Lecce. Giunti all’altezza della Masseria “Villanova” svoltare alla sinistra in direzione della Masseria didattica “La terra del Sale” di Anna Argento. Provenendo da Bari percorrendo la SS 379 per Lecce, superato il centro abitato di Brindisi, uscire in direzione della zona industriale e seguire le stesse indicazioni innanzi citate. in treno: il Parco dista 5 km dalla stazione ferroviaria di Brindisi. in aereo: il Parco dista 7 km dall’Aeroporto di Brindisi.

 

Il Parco Naturale Regionale Bosco e Paludi di Rauccio. Nel Parco esteso 625 ha, si alternano aree agricole ed ambienti naturali. E’uno spaccato del tipico paesaggio rurale salentino. Il bosco di lecci è ciò che resta dell’antica “Foresta di Lecce”, che nel medioevo si sviluppava sino ad Otranto e Brindisi. Tra la lecceta ed il mare è presente una vasta zona umida (Specchia della Milogna; milogna è il nome dialettale del tasso). La costa è sabbiosa, con presenza di dune a tratti ancora ben formate. Le emergenze naturalistiche sono rappresentate dalla periploca maggiore, l’orchidea palustre, il tasso, il falco di palude e la raganella. La masseria è stata oggetto di restauro ed ospita il centro recupero tartarughe marine di Lecce, che “in rete” con altre aree naturali sa lentine (Porto Cesareo e Torre Guaceto), cura e rimette in libertà annualmente decine di esemplari di tartaruga. Il Centro è sede estiva dei campi di ecovolontariato organizzati dal Centro Turistico Studentesco (CTS). Nel Parco sono presenti quattro “sentieri natura” (botanico, faunistico, idrologico e storico-culturale) tra le attività turistiche si annoverano: visite guidate, trekking, bicitrekking, passeggiate, escursioni a piedi e/o a cavallo, laboratori didattici, corsi, seminari, stage, eventi culturali, eventi sportivi, giornate a tema, campi scuola, campi di soggiorno e campi estivi rivolti a bambini ed adulti, noleggio di biciclette.

 

COME RAGGIUNGERE IL PARCO in auto: dalla SS 379 Lecce-Brindisi-Bari (uscita Squinzano – Santa Maria Cerrate), l’area è collegata alla Città di Lecce da una strada pro - vinciale: la Lecce/Torre Chianca In treno: la stazione di Lecce (circa 18 Km dal Parco) In aereo: l’Aeroporto Internazionale di Brin - disi (circa 35 Km dal parco) e l’Aeroporto privato Lecce-Lepore (circa 15 Km dal parco).

 

Tradizioni popolari

La cavalcata di sant’Oronzo ad Ostuni

La cavalcata di sant’Oronzo è la festa più attesa e importante di Ostuni. Ogni anno il 25, 26 e 27 di agosto, sono giorni dedicati al santo: un corteo di cavalli e cavalieri bardati a festa, sfila per le vie cittadine a scorta del protettore della città. Le origini della cavalcata risalgono al 1657. La peste invase il Salento risparmiando Ostuni ed altre città di Terra d’Otranto. Il miracolo venne attribuito a sant’Oronzo ed ogni 26 agosto gli ostunesi vollero recarsi in processione al santuario eretto in suo onore.

 

Carovigno, città della nzegna

La tradizione popolare e religiosa più importante per la cittadina carovignese e sicuramente la Nzegna, antico maneggio della bandiera legato al culto della Madonna santissima di Belvedere, patrona dalla città. Ogni lunedì e martedì successivi al giorno di Pasqua, viene riproposta la battitura della Nzegna (che letteralmente significa bandiera) accompagnata dalla processione per le vie del paese con la statua della Vergine di Belvedere.

 

Festa di San Teodoro a Brindisi

La tradizionale “Processione al Mare” si svolge annualmente il sabato precedente la prima domenica di settembre nell’ambito delle solenni celebrazioni dei Santi Patroni della città San Teodoro d’Amasea e San Lorenzo da Brindisi. Questa cerimonia, nata nel 1776 ricorda un episodio miracoloso del 1210: le spoglie si San Teodoro, fatto uccidere in Turchia per non aver abiurato la sua Fede in Cristo, venivano trasportate dall’odierna Aukat (Turchia) a Brindisi, ma i marinai della nave, vistisi inseguiti da navi turche, misero le spoglie del Santo su una barca, che spinta dalla corrente, si diresse nel porto della città.

 

 

Ricette tradizioni

Ciceri e tria


Ingredienti per 4 persone: 300 gr. di farina di frumento o di semola di grano duro; 250 gr. di ceci; 2 gambi di sedano, 1 cipolla bianca, qualche foglia di alloro; 3 cucchiai di olio extravergine di oliva, sale Disponete la farina a fontana , regolate di sale e impastate accuratamente con acqua tiepida fino a ottenere una massa liscia e compatta. Copritela con un telo e lasciatela riposare per una decina di minuti. Stendete una sfoglia sottile e con un coltello tagliatela a fettine di otto  centimetri di larghezza circa. Mettetele ad asciugare su un canovaccio. Metà andranno cotte in acqua bollente con sedano e sale e metà saranno fritte nell’olio. A parte bollite i ceci in acqua aromatizzata con le foglie di alloro; scolate e versate in un tegame in qui avrete fatto soffriggere la cipolla tritata finemente. Unite alla pasta fritta le tagliatelle bollite e i ceci, mescolate il tutto e servite. Esempio di ricetta della memoria in qui sono esaltati i sapori tipici del Salento : la pasta fatta in casa, l’olio extravergine e i legumi e le verdure del territorio.

 

Ciambotto

Ingredienti: un chilo e mezzo di pesci da zuppa, cianchettine, trigliette, merluzzetti, ghiozzi, scorfani, totani, un pomodoro, 3 spicchi d’aglio, un mazzetto di prezzemolo, olio extravergine di  oliva, sale, peperoncino in polvere. Tempo di preparazione e cottura: due ore Fate soffriggere in un tegame capace, con tre cucchiai d’olio, l’aglio, il prezzemolo tritato e il pomodoro spezzettato. Aggiungete il pesce, coprite con acqua e aggiustate di sale. Fate bollire finchè gli occhi dei pesci saranno diventati bianchi. Distribuite i pesci nei piatti con un po’ di brodo, condite con olio extravergine e spolverizzate con peperoncino.


Itinerario Ionico

L’itinerario si sviluppa lungo la costa Ionica pugliese e nell’immediato entroterra: un territorio molto vario sia da un punto di vista paesaggistico che naturalistico. A nord, a partire dalla costa meridionale tarantina, in località Torre Ovo, sino a Porto Cesareo il litorale si articola in basse scogliere e cale sabbiose. Da Punta Prosciutto sino ai caseggiati di Torre Lapillo si estende il Lido degli Angeli, una delle spiagge più grandi e belle della Penisola Salentina, con alti cordoni dunari di sabbia fine e bianca. L’intero tratto di costa, soprattutto in prossimità dell’abitato di Porto Cesareo, è dissemi - nato di piccoli scogli affioranti e isolotti, tanto da rendere la navigazione sottoscosta estrema - mente impegnativa ma davvero suggestiva. Da Porto Cesareo a Torre dell’Inserraglio la costa è rocciosa e si alza gradualmente fino a 5-6m sul livello del mare. A partire da Porto Selvaggio, procedendo verso sud, la costa diventa rocciosa e si sviluppa in alte falesie che si tuffano a picco nel mare. All’interno di queste pareti si aprono moltissime grotte sommerse o semisommerse, suggestiva meta di turismo subacqueo. Tutta la linea di costa ionica ed adriatica è punteggiata da un sistema di torri fortificate del 1500: sono chiare costruzioni quadrangolari erette per difendere il territorio dagli assalti dei pirati Saraceni. La posizione geografica della Puglia e le caratteristiche stesse delle sue coste, estesissime e per lunghi tratti prive di difese naturali, determinarono la necessità di dotarsi di un sistema difensivo e di avvistamento contro le incursioni provenienti dal mare. Le torri hanno dei criteri costruttivi comuni, base quadrata con sviluppo in elevato tronco-piramidale e caditoie su ogni lato. Sul basamento del - la torre era presente una grossa cisterna all’in - terno della quale si convogliavano, attraverso intercapedine muraria, le acque meteoriche del terrazzo. Inizialmente non vi erano le scalinate per l’accesso alla torre, bensì si accedeva attraverso una scala in legno retraibile all’interno della torre stessa. Da un punto di vista storico archeologico, l’itinerario proposto si snoda lungo il litorale ionico, da Nardò a Porto Saturo, lambendo il territorio di Oria e Manduria, un tempo culla della civiltà messapica. L’itinerario guida alla scoperta delle vicende insediative della Puglia meridionale, dell’avvicendarsi di popolazioni indigene e di gruppi di coloni greci giunti dal mare, spesso in lotta tra di loro ma ugualmente capaci di segnarne culturale ed economico.

L’area marina protetta di Porto Cesareo

L’Area Marina Protetta Porto Cesareo (D. M 12.12.1997), è gestita dal 2001 da un Consorzio formato dai Comuni di Porto Cesareo, Nardò e dalla Provincia di Lecce. Ha una superficie di 16.654 ettari con una linea di costa di 32 Km circa: un litorale frastagliato, punteggiato di spiagge bianche e basse scogliere. La Riserva nella parte orientale del Golfo di Taranto, a Nord di Gallipoli, ed è compresa tra le località di Punta Prosciutto e Torre dell’Inserraglio. Nel tratto di mare tutelato dall’AMP ricadono tre Siti di Importanza Comunitaria (SIC). La limpidezza delle acque, la grande bio - diversità dei fondali, la particolare morfologia delle coste, sono i motivi che hanno determina to l’istituzione dell’Area marina Protetta. A partire dai 10-12 metri di profondità, nei fondali sabbiosi si estendono le prateria di Posidonia Oceanica, una pianta marina endemica del  Mediterraneo, paragonabile, per moltissime funzioni, alle foreste tropicali. All’interno delle praterie cresce indisturbata la Pinna Nobilis, il più grande mollusco bivalve del Mediterraneo, specie in via di estinzione e protetta da normative Comunitarie; nelle praterie si possono ancora oggi incontrare anche i cavallucci marini (Hippocampus hippocampus e H. guttulatus). Ciò che rende suggestiva la visita ai fondali della Riserva marina è anche la presenza del coloratissimo Coralligeno: un habitat che si sviluppa in ambienti profondi e in condizioni di luce attenuata, costruito dalla sovrapposizione, strato dopo strato, degli scheletri calcarei di molti e diversi organismi marini: alghe rosse briozoi, serpulidi e antozoi. Nell’AMP Porto Cesareo banchi di Coralligeno si formano a partire dai 15 metri di profondità, formando panettoni di roccia, intervallati da chiazze di sabbia. Qualunque subacqueo, dunque, anche senza una particolare esperienza, può godere del coloratissimo e variegato paesaggio sommerso generato da questi ambienti. Tra gli organismi del Coralligeno, la Cladocora caespitosa è l’unica grande madrepora coloniale presente nel Mediterraneo, assimilabile a quelle che formano le splendide barriere coralline nei mari tropicali. L’habitat che davvero caratterizza l’AMP Porto Cesareo, è costituito dal sistema di spettacolari grotte sommerse, legato alla natura carsica della roccia. Moltissime sono le grotte sommerse presenti all’interno dell’Area Marina Protetta, la maggior parte delle quali situate nel tratto di mare antistante il litorale di Torre Lapillo, e molte altre sono le cavità presenti in prossimità della Riserva. L’ambiente delle grotte marine è molto particolare. In esse si mescolano aspetti propri delle acque superficiali e caratteristiche tipiche degli ambienti profondi, per cui si vengono a creare condizioni adatte ad ospitare una fauna (i vegetali sono scarsi, data la carenza di luce!) varia e diversificata: spugne multicolore (Spirastrella cunctatrix, Clathrina clathrus, Oscarella lobularis, Phorbas tenacior, Agelas oroides, Petrosia ficiformis), antozoi (Leptopsammia pruvoti, Parazoanthus axinellae - la margherita di mare, Cerianthus membranaceus che punteggiano i fondi sabbiosi e fangosi degli an fratti), briozoi (Filograna implexa, Myriapora truncata – il corallo degli sciocchi, Schizobrachiella sanguinea Sertella septentrionalis), pesci quali le Corvine (Sciaena umbra), le Murene (Murena helena), il re di triglie (Apogon imberbis). Il tratto di costa che lambisce l’AMP è sede di ben quattro Siti di Importanza Comunitaria, racchiusi entro due Aree Protette Terrestri: la Riserva Orientata Regionale “Palude del Conte e Duna Costiera, Porto Cesareo” a nord, ed il Parco Regionale  “Porto Selvaggio, Palude del Capitano”, a sud. Questo tratto di costa è caratterizzato da un fenomeno carsico tipicamente locale, denominato in vernacolo “spunnulate”, che significa “sprofondata”: il carsismo attivo nel sottosuolo calcareo di questo tratto di territorio porta alla formazione di numerose cavità sotterranee larghe e basse e, quando l’erosione dell’acqua ne assottiglia la volta sino a non poter più sopportare il peso stesso della roccia, la volta cede generando la “spunnulata”. le più note e spettacolari spunnulate sono la “Palude del Capitano”, anche Sito SIC, e le spunnulate in località Torre Castiglione, che si presentano come “laghetti” di acqua salmastra, dove si concentrano flora e fauna del tutto peculiari (ad es. il rarissimo Spinaporci (Sarcopoterium spinosum) e numerosi pesci eureliani, come il raro Aphanius fasciatus, detto Nono. Lungo il tratto di costa dell’AMP Porto Cesareo sono ben sette le torri costiere (da sud a nord: Torre Inserraglio, Torre Santo Isidoro, Torre Squillace, Torre Cesarea, Torre Chianca, Torre Lapillo e Torre Castiglione, oggi solo un rudere). Tra tutte, Torre Lapillo è completamente restaurata e fruibile, sede del Centro Visite della Riserva Regionale “Palude del Conte e Duna Costiera”.

 

Come raggiungere la Riserva

In auto: autostrada fino a Bari, uscita Bari Nord, superstrada per Lecce. Seguire la SS n. 101 LecceGallipoli, con deviazione a Nardò. Da qui procedere per la SS n. 174 in direzione di Porto Cesareo. La costa si può anche raggiungere dall’interno lungo la strada litoranea che collega Taranto a Gallipoli.

In autobus: collegamenti diretti da Bari, Napoli, Roma, Milano e Torino a Lecce. Da Lecce servizio di bus locale (www.salentoinbus.it ; www.stplecce.it).

In treno: stazione ferroviaria di Lecce (30 Km da Porto Cesareo, linea Bologna-Lecce). Dalla stazione bus fino a Porto Cesareo. (www.salentoinbus.it www.stplecce.it). in aereo: aeroporto “Papola-Casale” di Brindisi (45 Km da Porto Cesareo). Bus fino a Lecce. Da Lecce bus fino a Porto Cesareo. (www.salentoinbus.it ; www.stplecce.it) Dall’aeroporto di Brindisi.

Cosa si può fare nell’area protetta

Itinerari sommersi Per permettere la fruizione completa e consapevole dei diversi tipi di fondali, l’AMP Porto Cesareo ha definito individuato e descritto tre itinerari sommersi, adatti a turisti con differente grado di abilità:

- Il primo itinerario propone la visita alle Colonne romane sommerse, a soli 5 metri di  profondità, visitabili anche solo dall’imbarcazione o facendo snorkeling. Si tratta di 5 colonne di marmo cipollino adagiate a 5 metri di profondità in località Torre Chianca.

 - Il secondo itinerario prevede un percorso tra anfratti sommersi. Il punto di immersione, situato in Zona C dell’Area Marina Protetta, si sviluppa tra i 7 e i 19 metri di profondità lungo la Grotta “Il Camino”.

- Il terzo itinerario è dedicato a subacquei più esperti e propone la visita al relitto del Neuralia, posto a poco più di un miglio dalla costa di Torre Inserraglio, a 32 metri di profondità i fondali. Il Neuralia è un relitto ricco di storia: la nave ha partecipato alla prima, alla seconda guerra mondiale ed allo sbarco in Normandia. La vicenda del Neuralia si concluse il 1° maggio del 1945,  all’altezza di Torre Inserraglio, quando, dirigendosi a Taranto per prelevare prigionieri di guerra tedeschi, si scontrò con una mina galleggiante ed affondò poco dopo. Il relitto non è integro, ma si può ammirare ancora qualche elmetto militare e qualche maschera antigas. Sono suggestivi gli alberi, incrostati di spugne (Axinella cannabina, Axinella polypoides, Phorbas tenacior, Aplysina aerophoba), briozoi (il falso corallo Myriapora truncata e la trina di mare Sertella septentrionalis), policheti (tra cui la bellissima Filograna implexa) contornati dai pesci, che tra le lamiere trovano riparo: saraghi, cernie, aragoste, orate, murene e gronghi.

 

Nei dintorni dell’area protetta

Itinerario storico-archeologico


La penisola salentina è particolarmente ricca di grotte, intensamente frequentate fra il Paleolitico e il Neolitico; tra queste una delle più antiche è la Grotta del Cavallo, nella Baia di Uluzzo  all’interno del Parco naturale di Porto Selvaggio e Palude del Capitano a Nardò. Nella grotta sono stati rinvenuti resti di animali macellati e strumenti in selce e in osso di più di 35.000 anni fa. Di notevole interesse storico e paesaggistico è anche il sito archeologico di Serra Cicora, visibile lungo il tratto di strada provinciale che da Sant’Isidoro conduce a Porto Selvaggio. Nella fase finale dell’Età del Bronzo e nel corso dell’Età del Ferro (IX-VIII secolo), il territorio salentino, tra Taranto ed Egnazia a nord fino al Capo di Leuca a sud, fu occupato dai Messapi. Tra i numerosi centri di nuova fondazione, troviamo Manduria, il cui abitato era circondato da una triplice cerchia muraria, databile nella fase più antica al V-IV sec. a.C. e di cui possiamo vedere i resti all’interno del Parco archeologico delle Mura Messapiche. A nord della cinta esterna, si estende una vasta necropoli composta da più di 1000 tombe, databili tra il IV e il II secolo a.C. Di epoca messapica è anche il Fonte Pliniano, una grande cavità naturale al cui interno è posta una vasca dove tuttora scorre  l’acqua sorgiva. Fa parte del parco anche la chiesa di San Pietro Mandurino, di epoca tardo-bizantina (VIII-IX sec.). Spostandoci sulla costa, in località S. Pietro in Bevagna, si conserva uno straordinario giacimento archeologico subacqueo. Si tratta di 23 sarcofagi in marmo di Taso, semilavorati, disposti in posizione inclinata sul fondo. Il carico, datato tra la fine del II e la metà del III secolo d.C., proveniva dall’Oriente ed era probabilmente destinato a Taranto. A partire dall’VIII sec. a.C., gruppi di coloni greci, provenienti da Sparta, fondarono i primi centri, tra cui Satyrion, Saturo, sulla costa orientale del golfo di Taranto. Solo uno però di questi villaggi, quello che insisteva sull’acropoli tarantina, sopravvisse e acquisì per la sua posizione strategica un ruolo dominante. Tra i monumenti superstiti dell’antica colonia greca, è possibile ancora oggi visitare, passeggiando per le strade della città moderna, le colonne del tempio dorico in piazza Castello (VI sec. a.C.), i resti dell’acquedotto romano in Corso Italia, all’interno dello spartitraffico, la tomba a camera detta “Tomba degli Atleti” in via Crispi, in un ambiente a piano terra della scuola media G. Mazzini (VI-V sec. a.C.), la necropoli di via Marche, nell’area antistante il Tribunale, datata tra VII e III sec. a.C. Molti dei reperti rinvenuti in questi contesti sono conservati presso il Museo Archeologico di  Taranto, in via Cavour, nell’ex-convento di S. Pasquale, dove si può ammirare una delle più preziose collezioni di oreficerie del mondo, ovvero gli Ori di Taranto, che facevano parte di corredi funerari databili tra la fine del IV e il II secolo a.C. Nel corso dell’età romana e poi tardoantica, numerose ville sorsero lungo il litorale ionico; tra queste la meglio conservata, all’interno di un Parco Archeologico, è quella di Porto Saturo, nei pressi dell’omonima torre costiera di XVI secolo. Della villa, costruita nel III ed occupata fino al IV-V secolo d.C., sono visibili i lussuosi ambienti residenziali, un portico monumentale, un grande impianto termale e una sala trilobata con pavimento marmoreo. Le indagini archeologiche subacquee effettuate nella stessa baia di Saturo hanno portato al rinvenimento di numerosi relitti. I materiali rinvenuti testimoniano la presenza di un approdo portuale a lunga continuità di vita (II a.C. - V d.C.), verosimilmente funzionale alla vita del santuario prima e della villa poi.


Itinerario naturalistico

Riserva Orientata Regionale “Palude Del Conte e Duna Costiera – Porto Cesareo”. La gestione è affidata al Comune di Porto Cesareo (Le). La Riserva si estende lungo la costa per 900 ettari, comprendendo la penisola della Strea, l’arcipelago cesarino, la collina “Belvedere”, le “spunnulate” di Torre Castiglione, la zona umida e quel che resta del bosco di Arneo al confine con la provincia di Taranto. Oggi l’area è un complesso mosaico di ecosistemi con un ambiente salmastro ad habitat prioritari tutelati da norme comunitarie.

 

Parco Naturale Regionale “Porto Selvaggio – Palude del Capitano” La località di Porto Selvaggio, nel territorio di Nardò, ospita un Parco Regionale gestito dal Comune di Nardò (Le). È caratterizzato da un susseguirsi di calette lungo un litorale fatto da alte e panoramiche falesie, ricco di grotte interessanti sia da un punto di vista naturalistico che archeologico. Il Parco si estende per 1.100 ettari, dei quali 300 ettari di pineta ed una importante area umida. L’area del Parco comprende tre Siti di Interesse Comunitario (SIC). Nardò sorge su una terra originariamente paludosa, dalla quale prende il nome (Neretum, dall’illirico: acqua). Il territorio comunale comprende alcune tra le più belle marine della costa jonica tra cui oltre a Porto Selvaggio, si possono citare S. Maria al Bagno, S. Caterina, la Baia di Uluzzo, Serra Cicora.

 

Parco Naturale Regionale Litorale Di Ugento. Il Parco Naturale Regionale “Litorale di Ugento” si estende per circa 1600 ettari e comprende la fascia costiera tra Torre S. Giovanni e Punta del Macolone. La gestione è affidata in maniera provvisoria al Comune di Ugento. Il Parco è caratterizzato da una elevata varietà di ambienti naturali che vanno dal litorale sabbioso a quello roccioso, agli ambienti retrodunali umidi, a quelli palustri e le zone boscate, la macchia mediterranea e gli uliveti secolari, fino ai numerosi bacini, alle spalle dell’arenile, realizzati a partire dagli anni ‘30 del secolo scorso per bonificare le paludi e che sono oggi un sito di importanza per la sosta e la nidificazione di numerosissime specie di uccelli migratori e stanziali.

Torre Ovo: Foresta Fossile In località Torre Ovo, a pochi chilometri da Campomarino (Ta) si trova la “foresta fossile”: un sito sommerso di interesse internazionale. superficie con la superficie di poco meno di un ettaro, che si estende nella zona rinchiusa in quel piccolo golfo delimitato a nord, dal promontorio su cui insiste Torre Ovo, a est dalla tonnara, ed a sud,in mare, da una barriera naturale fatta di scogli alta circa 2-3 m. Questa singolare situazione di barriere naturali, ha consentito alla foresta di restare protetta nei millenni dalla furia del mare. La foresta si appoggia su un fondo compatto di consistenza argillosa, ad una profondità variabile tra i 3 e i 6 m. Il nome improprio di “foresta fossile” è dovuto al suo posto: ramificazione color sabbia contorte e pietrificate, grandi da pochi decimetri fino ad alcuni metri, simili ad una foresta pietrificata. In realtà l’origine del sito non è ancora chiara. È possibile abbinare alla stessa giornata un immersione al largo de “la secca di Torre Ovo” un tempo lungo di passo di tonni e grandi pelagici; oppure l’immersione alla sorgente di San Pietro in Bevagna, che sfocia nel mare e forma tre grandi pozze con profondità massima di 12 mt in cui le acque estremamente limpide e la particolare vegetazione rendono l’ambiente suggestivo.

Tradizioni popolari

Ogni anno a Porto Cesareo si svolge a gennaio la Festa di S. Antonio (nella prima domenica successiva al 17 gennaio), con l’accensione di un falò nei pressi dello scalo d’alaggio, processione con la statua del Santo e fuochi pirotecnici. - A luglio il paese organizza la Sagra del Pesce, con gara di pesca dalle imbarcazioni, e stand in cui il pesce viene cotto secondo le ricette tradizionali e servito. - Il 22 agosto a Porto Cesareo si celebra la Festa di Santa Cesarea, con una suggestiva processione della statua a mare, con le imbarcazioni che partono dalla banchina di levante e procedono sino a Torre Lapillo. La festa prevede anche la rottura di una cuccagna. - Tra l’8 e il 15 dicembre di ogni anno si svolge la sagra del calamaro.

 

Ricette tradizioni

Lungo la costa jonica la gastronomia si fonda esclusivamente sui prodotti della pesca. Ostriche e cozze sono il vanto della città di Taranto e vengono gustate in diversi modi. I gamberoni rossi, i ricci di mare, la zuppa di pesce dominano nella cucina gallipolina.

 

Lu quataru, ovvero la zuppa di pesce di Porto Cesareo. Porto Cesareo è presidio di un piatto tipico, inserito nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali della regione Puglia, detto “Quataru”: una zuppa di pesce, originariamente preparata con pesci di scarto, la cui preparazione è oggi rimasta sostanzialmente invariata dai tempi in cui costituiva il piatto uni co dei pescatori durante le loro sortite di più giorni. “lu Quataru” prende il nome dalla caldaia di rame (quatàra) originariamente impiegata per la sua preparazione: qui i pescatori facevano riscaldare dell’olio di frantoio con una grossa cipolla tritata e appena questa accennava ad imbiondire, vi univano, a seconda della stagione, una bottiglia di salsa oppure una manciata di pomodorini ben maturi tagliuzzati. Lasciavano insaporire il tutto per un po’ e versavano qualche litro d’acqua, metà marina e metà di sorgente, e quando riprendeva il bollore, vi aggiungevano pesci, crostacei e molluschi marini, seguendo un preciso ordine. Calavano prima i molluschi (come le immancabili seppie) poi i crostacei (granchi e cicale), infine i pesci, iniziando da quelli dalle carni più sode (nell’ordine: tracine, pesci prete, pesci bianchi, tranci di grongo e di murena, scorfani) terminando poi, con quelli dalle carni più tenere (ghiozzi, tordi e triglie). Una decina di minuti dopo aver calato gli ultimi pesci, il “quataro” veniva servito, talvolta direttamente nelle piccole conche della scogliera sterilizzate dallo iodio e dal sole, o in una pala di ficodindia incoppata dalla siccità.

 

Scapece gallipolina Ingredienti: 800 gr. di pesce azzurro di dimensioni molto piccole (2-10 cm), pescato dai pescatori di Gallipoli, farina 00, un litro di aceto di vino, un litro di olio, un kg di mollica di pane raffermo non lievitato grattugiato e passato al setaccio, 3 bustine di zafferano, sale. Tempo di preparazione: circa un’ora. Lavate i pesci senza rimuovere le lische. Infarinateli e friggeteli in abbondante olio fino a completa doratura. Salateli e poneteli a raffreddare su carta assorbente per eliminare l’olio in eccesso. In una terrina a parte sciogliete lo zafferano nell’aceto, mescolando. Prendete la mollica di pane, mettetela in un recipiente, versatevi sopra l’aceto fino a ricoprirla e lasciate riposare per alcuni minuti. In un contenitore alto disponete un primo strato di mollica imbevuta di aceto, quindi aggiungete sopra uno strato non troppo spesso di pesci. Continuate a disporre i pesci e la mollica a strati alterni fino ad esaurimento e terminate con uno strato di pane. Lasciate la scapece a marinare per almeno 24 ore. Conservate in luogo fresco.

 

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